‘Il caso Genova’: il commento dell’avv. Stefano Sbordoni (Centro Studi AS.TRO)

Oddone (Ass. Att. produttive Genova): “Niente pribizionismo, solo limitazioni legittime”

 

(a cura di Stefano Sbordoni, Centro Studi AS.TRO)

(Jamma) – Nel caos attuale, dove dietro la crisi si nascondono le incompetenze di gestione della cosa pubblica di decenni, che ancora pregiudicano gravemente il tessuto sociale e produttivo del paese, il  settore dei giochi si trova in una situazione paradossale.Una opinione pubblica negativa montata per scopi terzi e per mancanza di argomenti di sostanza che facciano presa, rischia di produrre abomini senza che sia data la possibilità di replica (perchè non fa audience..), di produrre dati veri, di poter quantomeno sommessamente continuare – con gli opportuni correttivi – quell’opera che ha portato a prendere coscienza ed a canalizzare in circuiti controllati un’attività (non un fenomeno) a cui ci si accompagna da sempre, e per la quale proprio gli italiani hanno una particolare predisposizione. Anche di questo nessuno dei moralisti da bar dell’ultima ora si è chiesto (o ha chiesto, che sarebbe meglio..) il perché, le ragioni storiche.  Tra le quali una è disarmante: quando prevale la sfiducia, il dubbio che il tuo Stato non sia al tuo fianco, che ci possa essere una fregatura latente in ogni istituzione, meglio affidarsi al caso: una legge ineluttabile, crudele, ma certa.

Un esempio lampante di questo è il regolamento appena varato dal Comune di Genova. Come definirlo:, un mix di incompetenza, raffazzonamento, populismo, o forse sana ignoranza? Di certo un’ingerenza nei poteri attribuiti dalla nostra Carta Costituzionale

L’art. 117 Cost. disciplina il riparto delle competenze legislative tra lo Stato e le Regioni ordinarie. Il primo comma della norma stabilisce che l’esercizio della potestà legislativa spetta sia allo Stato che alle Regioni, nel rispetto non solo della Costituzione ma anche dei vincoli che derivano dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea e dagli obblighi contratti dallo Stato italiano in ambito internazionale. 
I successivi commi dell’art. 117 (commi 2, 3 e 4) definiscono “chi fa cosa”: individuano cioè alcuni ambiti in cui possono legiferare, rispettivamente, lo Stato  e le Regioni.  Ed infatti nella norma in parola vengono individuate:

1.         materie (elencate nell’art. 117, comma 2) nelle quali SOLO lo Stato può adottare delle leggi; materie quindi riservate alla legislazione ESCLUSIVA dello Stato (e dunque del Parlamento nazionale), sulle quali le Regioni, conseguentemente, non possono legiferare;

2.         materie (elencate nell’art. 117, comma 3) di LEGISLAZIONE CONCORRENTE, nelle quali intervengono sia la legge dello Stato sia la legge regionale: allo Stato spetta la determinazione dei PRINCIPI FONDAMENTALI della materia, alle Regioni spetta la DISCIPLINA DI DETTAGLIO della medesima materia.

3.         tutte le materie NON ELENCATE nei precedenti commi spettano alla competenza legislativa RESIDUALE delle Regioni

Orbene la legiferazione sui giochi pubblici non può che rientrare che tra le materie attribuite alla potestà legislativa esclusiva dello Stato. Anche la Corte Costituzionale (sentenza n.72 del 2010, Sentenza n. 237 del 2006) in più occasioni è intervenuta sul punto, riconoscendo che “tutte le prescrizioni”connesse ai giochi pubblici “attengono chiaramente alla materia dell’ordine pubblico e sicurezza (…..) che l’art. 117, secondo comma lettera h) Cost. attribuisce alla potestà legislativa esclusiva dello Stato ”, in quanto “tale materia si riferisce «all’adozione delle misure relative alla prevenzione dei reati ed al mantenimento dell’ordine pubblico» (……). In essa rientra non soltanto la disciplina dei giochi d’azzardo, ma, inevitabilmente, anche quella relativa ai giochi che, pur presentando un elemento aleatorio e distribuendo vincite, non sono ritenuti giochi d’azzardo”. Evidente dunque che le eventuali ingerenze da parte di Regioni e Comuni, effetto della fame e di lusinghe di visibilità e facile consenso, di certo non passerebbero indenni all’esame della Corte Costituzionale, che ne casserebbe inesorabilmente leggi e regolamenti emanati in spregio della competenza esclusiva dello Stato.

Da non sottovalutare il silenzio e l’inattività della Presidenza del Consiglio, alla quale nell’immediatezza dell’approvazione della Legge Regionale citata – quindi oltre dieci mesi fa – fu inoltrata istanza dall’Associazione ASTRO perché provvedesse all’avvio del procedimento di legittimità costituzionale.

Gli  antefatti:

1)         La legge della Regione Liguria 30 aprile 2012 n. 17  “Disciplina delle sale da gioco”.

La norma ha una struttura semplice, è infatti composta da 4 articoli così rubricati:  articolo 1 “finalità”, articolo 2 “Giochi leciti”, articolo 3 “Sanzioni amministrative”, articolo “Dichiarazione d’urgenza”.

L’obiettivo della norma regionale è quello di  “prevenire il vizio del gioco, anche se lecito, e a tutelare determinate categorie di persone, oltreché a contenere l’impatto delle attività connesse all’esercizio di sale da gioco sulla sicurezza urbana, sulla viabilità, sull’inquinamento acustico e sulla quiete pubblica.” ( art. 1, comma 1, della legge regionale n. 17/12)

Al secondo comma dell’articolo 1 è previsto che “l’esercizio delle sale da gioco e il gioco lecito nei locali aperti al pubblico sono soggetti all’autorizzazione del Sindaco del Comune territorialmente competente”.

Le autorizzazioni per l’apertura della sala giochi non possono essere rilasciate nel caso in cui in un raggio di 300 metri –misurati per la distanza pedonale più breve- vi siano: 1) istituti scolastici di qualsiasi grado, 2) luoghi di culto, 3) impianti sportivi e centri giovanili o altri istituti frequentati principalmente da giovani, 4)  strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio-assistenziale, 5) strutture  ricettive per categorie protette (ex art. 2, comma 1,).

L’autorizzazione per l’apertura della sala giochi viene concessa per cinque anni, con facoltà di richiederne comunque il rinnovo dopo la scadenza (ex art. 2, comma 2 (nota 1)).  E’ riconosciuta altresì al Comune la potestà di individuare altri luoghi sensibili “in cui non può essere concessa l’autorizzazione”per l’esercizio di una sala giochi “tenuto conto dell’impatto della stessa sul contesto urbano e sulla sicurezza urbana, nonché dei problemi connessi con la viabilità, l’inquinamento acustico e il disturbo della quiete pubblica” (art. 2, comma 2, della Legge n. 17/12).

Al terzo comma dell’art. 2 viene sancito il divieto di qualsiasi attività pubblicitaria relativa all’apertura o all’esercizio di sale da gioco.

Ai sensi dell’ art. 3 è poi previsto che ogni violazione della legge in esame sia punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di euro 1.000,00  ad un massimo di euro 5.000,00 (nota 2) . Gli organi deputati all’accertamento delle violazioni e di conseguenza all’irrogazione delle sanzioni sono il Comune competente per territorio e gli altri soggetti di cui all’art. 6, della legge regionale n. 45/82 e successive modifiche ed integrazioni.

Come esposto in premessa, forti sono i dubbi sulla legittimità costituzionale di questa legge regionale. Le Regioni e i Comuni non potrebbero normare in settori, come quello connesso alla commercializzazione dei giochi pubblici, che in virtù dei principi della Carta Costituzionale sono demandati al Legislatore. Come del resto confermato (oltre che dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale) dal fatto che la pubblicità in materia di gioco e scommesse è stata di recente regolamentata da Decreto-Legge n. 158/12, convertito con integrazioni e modificazioni dalla Legge n. 189/12 (c.d. Decreto Balduzzi).

2)         Sentenza del Tar Liguria  del 13 dicembre 2012

Dopo circa 8  mesi  il  Tribunale Amministrativo per la Liguria con pronuncia del 13 dicembre 2012 ha stabilito che il ricorso contro il diniego del Comune al rilascio di un’autorizzazione per l’apertura di una sala “dedicata” in prossimità di un cimitero è infondato, in considerazione del fatto che “l’inibitoria infatti non preclude in assoluto l’esercizio dell’attività autorizzata bensì, in relazione all’assetto del territorio urbano, individua l’ area e gli interessi ad essa connessi meritevoli di salvaguardia dagli effetti nocivi del gioco”. Il dirigente dell’ufficio delle attività produttive del Comune di Recco riteneva infatti di non concedere l’autorizzazione in quanto i locali erano situati a meno di 300 mt dal cimitero del Comune stesso. Il provvedimento, oggetto di censura innanzi al Tar Liguria, inibiva l’inizio delle attività gestita dalla ricorrente della sala scommesse e conteneva altresì il diniego dell’autorizzazione all’esercizio ex art. 1 della Legge Regionale n. 17/12.  Secondo il Tar Liguria infatti “Il cimitero  è strutturalmente e funzionalmente destinato a luogo di culto dei defunti: al rispetto della “pietas” valore ad un tempo laico e religioso, facente parte integrante della nostra tradizione storico-culturale e cattolica che, come tale, prescinde dalle circoscrizioni amministrative che delimitano il singolo territorio comunale”.

La pronuncia del Tar Liguria dello scorso dicembre, quale prima applicazione della Legge Regionale n. 17/12, è dunque viziata dal riferimento ad una legge regionale incostituzionale. Sul fatto, la collocazione di una sala giochi a meno di 300 mt da un cimitero può avere diverse chiavi di lettura:  l’irrilevanza , se l’urbanistica di quel Comune non è tale da causare l’impatto così accoratamente descritto dai giudici del TAR Liguria, l’ignoranza, se  l’imprenditore è stato così fesso da voler collocare la sala proprio lì senza valutarne gli effetti, il dramma, che va ben otre il diniego del TAR, se invece la collocazione (posto che vi sia correlazione tra vicinanza al cimitero e calcolo di successo della sala) è stata ponderata. Il provvedimento ha comunque il pregio di aver evidenziato le discrasie della norma menzionata, fornendo la possibilità per gli interpreti del  settore dei giochi pubblici di riflettere sulle modalità di organizzazione e gestione del settore senza nuocere all’ordine pubblico, ai consumatori, ma garantendo sia il servizio che le entrate erariali.

3) Il  Regolamento per le sale giochi del Comune di Genova

In attuazione della Legge Regionale n. 17/12 ed alla luce della recente  giurisprudenza del Tar Liguria (cfr sentenza richiamata nel paragrafo precedente) il Consiglio Comunale del Comune di Genova lo scorso 30  aprile ha approvato la delibera sul regolamento sulle sale da gioco proposto dalla Giunta. Il  Regolamento è dedicato esclusivamente alla regolamentazione della sala pubblica da gioco o sala giochi, che viene definita come “un esercizio composto da uno o più locali, la cui attività prevalente sia mettere a disposizione della clientela una gamma di giochi leciti (biliardo, apparecchi automatici o semiautomatici da gioco di vario tipo (……..)) e altre apparecchiature per intrattenimento (…) quali a titolo esemplificativo ma non esaustivo: sale dedicate alle VLT, sale scommesse, sale bingo negozi dedicati al gioco (nota 3)” .

Con l’adozione del Regolamento, il Comune avrà piena discrezionalità di organizzare nel territorio di propria competenza la raccolta del gioco lecito; ed infatti i locali, dove si potrà offrire il gioco pubblico, dovranno essere distanti almeno 300 metri da:

1)         istituti scolastici di qualsiasi grado;

2)         luoghi di culto, intendendosi come tali anche i cimiteri;

3)         impianti sportivi e centri giovanili o altri istituti frequentati principalmente da giovani;

4)         strutture residenziali o semi-residenziali operanti in ambito sanitario o socio-assistenziale, strutture ricettive, ed inoltre strutture ricettive per categorie protette;

5)         attrezzature balneari e spiagge.

Ed ancora, in tema di limitazioni sulle distanze:  le sale da gioco dovranno essere distanti cento metri dagli uffici postali e dai bancomat; sembrerebbe per evitare che la disponibilità immediata di denaro contante costituisca incentivo al gioco. Una misura probabilmente contraria allo scopo, che rischia di incentivare (a nostro avviso) attività criminose collegate, in primis l’usura. Nella versione definitiva – che non sarà disponibile prima di dieci giorni ndr – sembrerebbero essere stati individuati come luoghi sensibili anche le sedi e strutture universitarie, le attrezzature balneari e spiagge, i giardini, parchi e spazi pubblici attrezzati e gli esercizi che effettuano compravendita di oro.

Sempre in considerazione di quanto sopra in termini di urbanistica dei comuni italiani, dovremmo dunque ritenere non difficile, ma quasi impossibile la collocazione di una sala nel rispetto di tali limitazioni (o forse il Regolamento è una critica indiretta a chi nei secoli ha costruito un tessuto urbano assai caotico..).

Naturalmente i giochi commercializzati nelle sale devono essere leciti, ed infatti è consentita:

a)         l’installazione e la gestione di apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici di intrattenimento e da gioco di abilità in cui l’elemento abilità e intrattenimento è preponderante rispetto all’elemento aleatorio;

b)         l’installazione di apparecchi telematici con connessione ad INTERNET, utilizzabili anche come strumenti di gioco da trattenimento, purchè autorizzati secondo le vigenti normative .

Aspetto interessante, oggetto di regolamentazione da parte della Giunta, è quello relativo all’orario di attività delle sale pubbliche da gioco, fissato dal Sindaco con apposita ordinanza.

Altro passaggio significativo del Regolamento che ne costituisce vizio, dovrebbe essere quello inerente le autorizzazioni/licenze. L’apertura delle sale pubbliche da gioco, il loro trasferimento di sede, l’ampliamento della superficie, il cambio di titolarità sono sempre subordinati all’ottenimento dell’autorizzazione comunale, ai sensi dell’art. 86 TULPS e della L.R. 17/2012, restando inteso che comunque per i punti di raccolta di scommesse e le sale dedicate all’installazione di sistemi di gioco c.d. VLT, dovrà parimenti essere ottenuta la prescritta licenza di cui all’art. 88 TULPS rilasciata dalla Questura. Le due licenze dovranno quindi coesistere, ma l’autorizzazione comunale costituisce comunque condizione di esercizio dell’attività sul territorio comunale. Passaggio questo che, in aperta violazione dei dettami costituzionali, vorrebbe far prevalere quanto stabilito da un regolamento comunale su di una legge primaria, nel caso di specie il Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza approvato con R.D. 18 giugno 1931 n. 773 e successive modifiche ed integrazioni. Le licenze in esame sembrerebbero essere concesse per cinque anni, ma dovrebbero comunque essere rinnovabili. Novità assoluta in tema di giochi e scommesse, in quanto la licenza ex art. 88 TULPS non è sottoposta ad alcun vincolo temporale se non quello di scadenza delle concessione di riferimento, che viene come è noto rilasciata dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

Il tentativo del Comune di Genova consegue ad una legge regionale incostituzionale e seppure spinto (speriamo) dal voler fare ordine in un settore cosi delicato, può generare un conflitto d’attribuzione tra i poteri dello Stato che solo la Corte Costituzionale, se coinvolta, potrà dirimere.

Ed infatti il Comune non può essere chiamato a  normare, andando addirittura in contrasto con norme di grado superiore, su un settore per il quale è prevista una riserva di legge.

Prive di pregio – excusatio non petita accusatio manifesta – appaiono poi le dichiarazioni che il Comune di Genova ha sentito il bisogno di pubblicare sul proprio sito istituzionale, in virtù delle quali il Comune del capoluogo Ligure ritiene di avere potestà regolamentare in materia dei giochi e scommesse in quanto:

1)         il Decreto c.d. Balduzzi fa rientrare la ludopatia nei Lea (“Livelli Essenziali di Assistenza”). Questo riconoscimento attribuirebbe ai Comuni che hanno tra le loro compentenze le politiche sociali e la tutela della salute pubblica, una potestà regolamentare in materia di gioco pubblico.

2)         Ed ancora, la menzionata potestà regolamentare troverebbe fondamento nella recente legge regionale 17/2012.

Argomentazioni che – come sopra dettagliatamente esposto –  non possono essere condivise. I principi individuati ex art. 117 dalla Carta Costituzionale e le interpretazioni in merito fornite dalla Corte Costituzionale sono chiari. Le norme sul settore dei giochi e delle scommesse devono essere individuate dal nostro Legislatore/Stato e non dagli enti territoriali. Il settore del gioco pubblico deve essere normato in maniera omogenea ed armonizzato a livello nazionale. In caso contrario, in presenza di discrasie a livello regionale o comunale, causeremmo un caos normativo-regolamentare, di nocumento per tutti i soggetti coinvolti, a partire dal cittadino ed a finire con gli operatori della filiera del gioco pubblico.

Orbene, avrà voglia il TAR Liguria, che ha manifestato nella sentenza sopra richiamata più che una interpretazione giuridica un disagio morale, di rimettere alla Corte Regolamento o Legge Regionale, più di quanta ne abbia avuta ad oggi la Presidenza del Consiglio? O lo farà il Consiglio di Stato?

Certo è che i tempi sono oramai maturi per una riflessione approfondita, ma è assolutamente necessario che gli animi si plachino.  E dato che nel 2013 è ancora  il biliardo che apre – anche nel Regolamento del Comune di Genova – la normativa dei giochi c.d. a rischio ed a necessità di intervento dell’ordine pubblico, non ci resta che raccomandare: “calma e gesso”.

 

Note:

[1] L’ultimo periodo dell’art. 2, comma 1, prevede inoltre che per le autorizzazioni esistenti il termine di cinque anni decorre dalla data di entrata in vigore della legge.

[2] Al primo comma dell’art. 3 è comunque ribadito che permane, anche in caso di accertamento della violazione nell’ambito della disciplina delle sale da gioco, “l’obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria per i reati eventualmente accertati e previsti dal codice penale.”

[3] Sfugge alla Giunta di Genova che: 1) vi sono norme che individuano la definizione di punti di raccolta di gioco, 2) l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli nell’ambito delle proprie competenze, demandate da norme primaria,  ha puntualmente definito quelle che sono le caratteristiche dei punti dedicati alla raccolta del gioco lecito.  La definizione di sala giochi è un tentativo maldestro di accomunare categorie di giochi, quali il Bingo le scommesse e gli apparecchi da intrattenimento (VLT  ex art. 110, comma 6 b) TULPS), che non hanno alcuna caratteristica in comune, sia in termini di modalità di gioco che riguardo alle misure di controllo predisposte dall’Agenzia.