Astro. Due modelli a confronto e rispettivi ‘fan’: Ungheria e Finlandia

(Jamma) Secondo la rivista on line Famigliacristiana.it, il premier ungherese Orban “ha cambiato la Costituzione, messo sotto controllo la stampa, cacciato i magistrati scomodi”. In tale articolo si denuncia espressamente che “sarà interessante vedere quali provvedimenti prenderà l’Unione Europea per fronteggiare una realtà nuova ma affatto imprevista come quella proposta dall’Ungheria del premier Viktor Orban, ovvero, la potenziale rinascita nel cuore dell’Europa e dell’Unione di uno Stato autoritario di tipo fascista o comunista”, al quale si imputa lo smantellamento di “ogni forma di garanzia democratica in vigore nel Paese”.

Parrebbe quindi “evidente”, che, “per partito preso”, tutte le azioni che un siffatto personaggio (già reo di aver introdotto leggi di stampo razziale e una norma elettorale predisposta per la propria automatica conferma “a vita”), dovesse ulteriormente porre in essere, dovrebbero suscitare “a prescindere”, “disvalore e disapprovazione” da parte del “mondo civile”.

Eppure, proprio in Italia, l’astio antagonistico per il gioco lecito arriva a concepire una forma di “fidelizzazione” nei confronti di un tiranno stile “generale sudamericano”. La lotta del tiranno contro l’insediata industria del gioco “regolamentato”, a favore della totale ghettizzazione del gioco all’interno dei casinò gestiti da un “unico proprietario” (vicino agli interessi del premier), ha infatti riscosso due ordini di “applausi”.

Da un lato, dai fautori di un principio introdotto nel disegno di legge delega fiscale ispirato alla “progressiva ghettizzazione degli apparecchi in luoghi concentrati ”.

Dall’altro lato, dagli esponenti dei movimenti no-slot (piuttosto che anti-slot, senza –slot, slot-free, si perdoni l’approssimazione peraltro conseguente dall’altrui scelta di distinguersi solo per un avverbio o una preposizione).

Per tale contesto “la nuova legge ungherese sul gioco e le scommesse” fornisce spunto e continuità di pensiero alla rispettiva mission di “togliere le “slot dai bar”, tirando così la volata alla mai sopita lobby Italiana dei “nuovi casinò”.

A questo “modello”, AS.TRO antepone quello “Finlandese”, strutturato secondo un sistema politico democratico ad elevata partecipazione diretta, in grado di fornire ai cittadini un livello qualitativo di libertà, servizi e sostegni senza eguali al Mondo.

Alla base di tale sistema c’è (anche) il ruolo del gioco pubblico, interamente concepito come fonte di finanziamento per “il sociale”, e sottoposto al controllo di una Autorità Statale che disciplina ogni profilo normativo ed attuativo del business, di concerto con il Ministero degli Interni.

E’ evidente che una dittatura sia sempre incline al “divieto”, e che ogni libertà individuale (compresa quella di mettere qualche monetina in una slot al bar, dopo il caffé) sia ricondotta in un contesto di “stretta” strumentalità ai soli interessi conservativi del sistema autoritario.

E’ evidente, invece, che una “democrazia” debba essere incline a “regolamentare”, vietando solo ciò che esula dalle regole stabilite per porre in essere le attività economiche riconosciute lecite (tra le quali ci può essere o anche non essere il gioco con premi in denaro, fermo restando che, Ungheria a parte, tutta Europa studia da anni i possibili meccanismi di emulazione del sistema italiano).

La differenza è quindi questa: chi opprime tutto, opprime anche il gioco; chi tutela le libertà democratiche dovrebbe tutelare anche “quel” gioco che la Legislazione riconosce e disciplina, distinguendo tra attività autorizzata e controllata e quindi lecita, e attività illegale.

Concetti difficili? Parebbe di si, ma AS.TRO non demorde dall’impresa di illustrarli, così come non attenuerà l’individuazione delle insanabili contraddizioni di cui si fanno portatori i detrattori di una industria “lecita” , a cui si imputano malati che non genera, effetti criminogeni che non genera, costi sanitari che non genera, declini socio-culturali che non genera.

La cortina fumogena del panico morale anti-gioco inevitabilmente troverà brecce sino a diradarsi del tutto, al pari di tutte le altre esperienze similari censite dai sociologi.

Almeno sul punto la letteratura scientifica ci conforta, decretando come inevitabile “il percorso discendente di tali fenomeni dopo l’esaurimento della loro fase di maggiore “cronicizzazione” . In linguaggio più “povero”, prima o poi le bugie si svelano e bisogna trovare altri capri espiatori.