
“Prosegue la pubblicazione degli articoli curati della dott.ssa Sarah Viola (nella foto), medico psichiatra esperto in dipendenze, che a partire dallo scorso anno ha avviato una collaborazione con il Centro Studi As.Tro. I contributi della dott.ssa Viola – che verranno pubblicati a cadenza bisettimanale sul sito di Assotrattenimento – avranno ad oggetto l’analisi delle dipendenze, in particolare quella da gioco d’azzardo patologico, e degli strumenti adatti a contrastarlo, anche alla luce delle normative locali adottate in materia di gioco”. E’ quanto comunica l’associazione.
Questo il piano dell’opera:
24 gennaio 2022: LA DIPENDENZA
07 febbraio 2022: DIPENDENZA E CRAVING
21 febbraio 2022: LA TERAPIA DELLE DIPENDENZE
07 marzo 2022: LA PREVENZIONE DELLE DIPENDENZE
21 marzo 2022: LUCI ED OMBRE DELLE ATTUALI NORMATIVE DI LEGGE
04 aprile 2022: IL RUOLO DEL PROIBITO NEL RINFORZO DELLA DIPENDENZA
26 aprile 2022: LA RICADUTA DEL GIOCO PATOLOGICO SUI SISTEMI FAMILIARI
09 maggio 2022: L’INTERVENTO SULL’INDIVIDUO E PER L’INDIVIDUO
23 maggio 2022: MODELLI DI INTERVENTO NEGLI ALTRI PAESI
06 giugno 2022: VERSO UNA PROPOSTA DI INTERVENTO VERAMENTE EFFICACE
L’articolo odierno, dal titolo “L’intervento sull’individuo e per l’individuo”, può essere letto di seguito. Chi preferisce può scaricarlo in formato pdf cliccando qui.
L’INTERVENTO SULL’INDIVIDUO E PER L’INDIVIDUO
Non basta criticare, anche se giustamente, il legislatore il quale ha trovato nel proibire l’unica soluzione per contenere la diffusione della ludopatia. E’ necessario anche proporre delle alternative, non aprioristicamente, ma a ragion veduta e, soprattutto, con una presunzione di efficacia. Premessa irrinunciabile a questa riflessione è il fatto che la ludopatia, come tutte le altre forme di dipendenza, rappresenta per la medicina una delle sfide più difficili. Il paradosso che propone a chi vuole curarla, infatti, è quello di far trovare i sanitari di fronte ad un paziente, anche grave, ma molto più alleato con il suo sintomo che con il suo medico. Il paziente ludopatico, come ogni altro soggetto con dipendenza, in sostanza, non vuole guarire. E’ legato al suo sintomo come il naufrago alla sua zattera, come il parassita al suo sopite. Non sa vivere senza il suo sintomo, non si immagina neppure un’esistenza libera dalla dipendenza perché essere guarito, in realtà, per il paziente, rappresenta una minaccia, un pericolo sconosciuto ma terrificante. Se io non ho più il mio sintomo, che mi identifica e mi difende, cosa mi proteggerà?
Dove potrò fuggire per vincere il terrore della relazione con l’Altro che rievoca in me un senso di vuoto orribile e spaventoso? Quello è lo stato d’animo del paziente ludopatico. E nessun divieto sarà abbastanza forte e potente da farlo desistere. E’ proprio sullo stato d’animo del soggetto, sulla sua percezione della realtà, sulla sua paura che bisogna agire. Innanzitutto aiutandolo a identificare il suo problema : il ludopatico, come tutti i pazienti dipendenti, nega, anche a se stesso di avere un problema e, soprattutto, di essere ammalato. Allora i gestori dei locali, e, magari, qualche figura tecnica, come educatori e volontari, dovranno avvicinare i soggetti problematici ed offrire loro aiuto e consiglio. A quel punto inizia il secondo passaggio, quello che deve portare al cambiamento. Il soggetto identificato come giocatore patologico andrà arruolato in un percorso di cura che dovrà agire attraverso la strutturazione di una rete che deve comprendere: la famiglia, il medico, lo psicologo l’assistente sociale, i gestori delle sale che il soggetto frequenta.
La psicoterapia individuale e di gruppo, un farmaco, ansiolitico e/o antidepressivo, incontri periodici con le famiglie nei centri preposti (in Italia, purtroppo, esistono solo i Sert o i Serd, ma facciamoci bastare quello che c’è, purché gli stessi centri siano potenziati con personale dedicato). Soltanto quando il soggetto avrà accettato il percorso di terapia ed avrà dimostrato di essere capace di astenersi dal gioco, potrà, adeguatamente supportato, tornare a giocare, sempre sotto stretta sorveglianza tecnica. Ma ciò che più conta è che gli stessi pazienti diventino, una volta terminato il percorso, le figure tecniche di riferimento all’interno delle sale e della rete di intervento più sopra indicata. Ciò potenzierà e renderà duraturo e stabile il benessere raggiunto dal paziente e il suo affrancamento dal sintomo, e, non ultimo vantaggio, permetterà di abbattere notevolmente i costi di gestione della ludopatia. Le sale da gioco, poi, dovranno diventare anche centri di informazione e di formazione sul problema, attraverso la distribuzione di pubblicazioni specifiche e l’organizzazione, sponsorizzata anche dalle industrie legate al gioco, di corsi ed eventi tesi ad illustrare tutte le implicazioni del gioco patologico.