Tar Trento: bene legge provinciale anti-slot ma necessaria individuazione dei luoghi sensibili

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(Jamma) “La legge trentina che regolamenta l’installazione dei giochi da intrattenimento non è né irragionevole né ingiustamente penalizzante per gli interessi commerciali e finanziari coinvolti”. Così si è pronunciato ieri il Tar Trento in parziale accoglimento del ricorso avanzato dal concessionario Lottomatica Videolot Rete S.p.a..

I giudici del Tar Trento si sono espressi in conformità con gli altri ricorsi promossi contro provvedimenti attuativi della stessa norma provinciale assunti da altri Comuni trentini. Norma che vieta la collocazione di apparecchi da intrattenimento con vincita in denaro di cui all’art. 110, comma 6, del T.U.L.P.S., in un raggio di 500 metri (art. 3) da una serie di categorie di luoghi definiti “sensibili” (art. 2); precisando che il divieto vale per gli eventuali incrementi quantitativi di apparecchi da parte di soggetti già titolari di licenze e in caso di sostituzione di slot machine con video lottery terminals.

Ad intervenire ad adiuvandum nel processo l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, che ha ricordato la disciplina vigente a tutela dei minori sottolineando che, in materia, sussistono esigenze di unitarietà di normazione su tutto il territorio nazionale.

“Per la prima volta, – si legge nella pronuncia – anche la normativa statale colloca il fenomeno del gioco nella materia del diritto alla salute, per la cui tutela sono previsti strumenti (sia diretti che tramite i rapporti di concessione) per garantire e promuovere un più efficace livello di contrasto alla ludopatia. Ciò significa che la legge statale e quella provinciale non configgono tra loro né si elidono ma, anzi, concorrono, ciascuna nel proprio ambito, e secondo opzioni temporali e metodologiche differenziate ma in reciproca sintonia, al perseguimento dello stesso obiettivo, costituito da una materia (salute) su cui la Provincia di Trento esercita competenza legislativa concorrente, con il solo limite del “rispetto dei principi fondamentali” stabiliti dalle leggi dello Stato, come indicato all’art. 117, terzo comma, della Costituzione; principi i quali, a loro volta, si pongono come limiti all’intervento legislativo statale nei confronti delle Regioni e Province autonome.

A questo riguardo occorre ribadire che la ludopatia è anzitutto collegata ai giochi leciti i quali, proprio per tale loro qualità, hanno un grado di esposizione, comunicabilità, accessibilità ed attrattiva assai più elevato di quelli clandestini. Conferma di ciò si ritrova nel già citato decreto legge sanitario n. 158 del 2012, con cui il Legislatore statale si è fatto carico di contrastare il diffondersi di tale forma di patologia psicologica inserendola nei l.e.a. del servizio sanitario nazionale.

È quindi vero il contrario: la dipendenza da gioco lecito è fenomeno che ha assunto dimensioni socialmente allarmanti a causa della capillarità e della pubblicità, anche mediatica, di esso, con la conseguente spinta al gioco che lo stesso Stato apparato incentiva, inconcepibile per il gioco illecito”.

“Occorre invece rilevare – chiariscono i giudici – la fondatezza delle censure di difetto di istruttoria e di motivazione sul piano dell’individuazione dei presupposti concreti per l’applicazione dell’art. 13 bis della l.p. n. 9 del 2000 nel territorio del Comune di Trento.

Come si ricorda, è stato il Legislatore provinciale ad individuare direttamente, e con criteri di evidente ragionevolezza, determinate categorie di “luoghi sensibili”, del tutto coerenti con le fasce di popolazione bisognose di maggior tutela contro la ludopatia: istituti scolastici o formativi di ogni ordine e grado, centri giovanili o altri istituti frequentati principalmente dai giovani, strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario, scolastico o socio-assistenziale.

Il Tribunale ha già osservato che tale elencazione ha indubbiamente carattere non tassativo, per cui è consentito alle Amministrazioni locali l’ampliamento in base ad un criterio analogico, che consenta di ricomprendere altri luoghi di aggregazione frequentati, almeno prevalentemente, dalle fasce più deboli e influenzabili della popolazione.

Sennonché la legge provinciale, proprio perché ha essa stessa astrattamente individuato le categorie dei luoghi sensibili, ha deferito alle deliberazioni di natura regolamentare da adottarsi a cura delle Amministrazioni comunali il precipuo compito di individuare in concreto ciascun luogo sensibile, precisando la sua ubicazione territoriale, in quale categoria rientra e dimostrando che si tratta di un’individuazione che risponde alle finalità perseguite dall’art. 13 bis.

All’opposto, nell’art. 2 del regolamento impugnato il Comune di Trento si è limitato a riprodurre il testo del comma 1 dell’art. 13 bis. Tanto è ammesso anche dal difensore dell’Amministrazione che riconosce che le lettere a) e c) dei due testi normativi, l’uno primario e l’altro secondario, “sono pressoché uguali”; mentre nella lettera b) del testo regolamentare – che prevede i “centri ludico-ricreativi-sportivi-culturali di aggregazione con frequenza prevalente di giovani e anziani” – a detta dell’Amministrazione sono stati, per così dire, “tradotti” i luoghi “frequentati principalmente dai giovani” menzionati nella lett. b) del comma 1 dell’art. 13 bis.

In tal modo, però, l’Amministrazione ha del tutto mancato di effettuare l’imprescindibile istruttoria specifica che le competeva, ossia l’individuazione precisa dei siti da cui calcolare il raggio entro il quale è vietata la collocazione di nuovi apparecchi da gioco, venendo così meno al dovere di identificare i singoli siti ex ante e non nel corso dell’istruttoria delle future richieste di installazione di apparecchi da gioco. Ne consegue che l’art. 2 del regolamento in esame non è in grado di assolvere alla precipua funzione di costituire il parametro di legittimità per gli atti amministrativi comunali che potranno essere adottati in sua applicazione.

Invero, non può non osservare il Collegio che istruttorie particolareggiate, con la precisazione in concreto dell’ubicazione (tramite l’indicazione del nome della via e del numero civico e/o con la segnalazione in planimetria) degli istituti scolastici (peraltro di facile individuazione nei piccoli Comuni), delle strutture residenziali e semiresidenziali operanti in ambito sanitario, scolastico e socio-assistenziale e soprattutto dei centri di aggregazione, con la contestuale precisazione circa l’utenza che, in via prevalente, frequenta i singoli luoghi, sono state correttamente effettuate da numerose Amministrazioni comunali che hanno dimensioni territoriali e di popolazione ben inferiori a quelle della città capoluogo. Ciò significa che per la città di Trento l’istruttoria volta all’individuazione dei singoli luoghi sensibili è senza dubbio più complessa ma, proprio per questo, innegabilmente essenziale”.

Il Tribunale amministrativo ha quindi accolto in parte il ricorso, stabilendo l’annullamento dell’art. 2 del regolamento comunale impugnato, salvi gli ulteriori provvedimenti.