Il Tar Bologna ha respinto tre ricorsi di altrettanti operatori per l’annullamento della deliberazione della Giunta regionale Emilia – Romagna n. 831 del 12.06.2017 e del suo allegato, recanti modalità applicative del divieto alle sale gioco e sale scommesse di nuova installazione di apparecchi per il gioco d’azzardo lecito e, inoltre, dei provvedimenti adottati dai vari Comuni della Regione Emilia-Romagna di mappatura dei luoghi e dei conseguenti provvedimenti comunali di chiusura delle sale da gioco medio tempore adottati dai Comuni della Regione per il mancato rispetto del limite distanziometrico di m. 500 che deve intercorrere tra detti locali e i c.d. “luoghi sensibili” previsto dalla L.R. n. 5 del 2013.

Il Tar ha ribadito, “”.

riguardo alle censure prospettate dai ricorrenti e secondo quanto affermato dall’ormai consolidato orientamento della giurisprudenza in materia, che tanto le delibere regionali quanto i successivi Regolamenti comunali sono attuativi e operano in coerenza con la normativa nazionale avente finalità e obiettivi di contrasto al dilagante fenomeno della ludopatia, onde tutelare al meglio la salute dei cittadini. Pertanto, stante l’indiscussa ratio di tale disciplina, risultano del tutto inconferenti e in ogni caso infondate le argomentazioni con cui parte ricorrente attribuisce a tale peculiare disciplina finalità di tutela e governo del territorio, erroneamente ponendo le relative disposizioni a confronto con la diversa disciplina che ordinariamente regola i procedimenti inerenti l’assetto edilizio urbanistico nell’ambito del territorio sia regionale sia comunale. Di conseguenza, nei casi di mancato rispetto del limite distanziometrico previsto dalla più volte citata legge regionale, i suddetti enti territoriali coinvolti nella vicenda, legittimamente ordinano la chiusura dei locali in cui svolge l’attività di sala gioco/scommesse, lasciando però agli operatori economici interessati un lasso temporale di ulteriori 6 mesi, in cui è loro consentito delocalizzare la sala gioco/scommesse

Del resto “è la stessa legge regionale n. 5 del 2013 a specificare quali siano le potestà affidate ai Comuni in materia di lotta alla ludopatia, consistenti nell’attività di mappatura dei luoghi sensibili e di formazione dell’elenco degli esercizi ubicati a distanza inferiore dal limite di m. 500 dai suddetti luoghi sensibili e gli ulteriori procedimenti di chiusura e delocalizzazione degli esercizi stessi.”Sotto altro profilo, pure contestato dalla ricorrente, la delibera di Giunta Regionale n. 831 del 2017 risulta in ogni caso coerente con la citata disciplina regionale in materia di lotta alla “ludopatia” e assolutamente rispettosa delle competenze e attribuzioni da questa affidata alla Regione e, in particolare, alle specifiche funzioni affidate alla Giunta Regionale in materia, come è stato chiarito da questo Tribunale, con la sentenza della Sezione I n. 398 del 4/5/2022. Parimenti è la stessa legge regionale n. 5 del 2013 a specificare quali siano le potestà affidate ai Comuni in materia di lotta alla ludopatia, consistenti nell’attività di mappatura dei luoghi sensibili e di formazione dell’elenco degli esercizi ubicati a distanza inferiore dal limite di m. 500 dai suddetti luoghi sensibili e gli ulteriori procedimenti di chiusura e delocalizzazione degli esercizi stessi”.

Infondata “l’ulteriore censura, con cui la ricorrente segnala eccesso di potere per difetto di proporzionalità e ragionevolezza delle delibere regionali impugnate con l’atto introduttivo e con ricorso per motivi aggiunti. Invero, il rilievo della ricorrente presuppone che le gravate delibere regionali, quanto i genericamente indicati futuri atti comunali di “Mappatura dei luoghi sensibili” e di “elencazione dei locali di sale giochi/scommesse ubicate a distanza inferiore di m. 500 dai luoghi sensibili” comportino immediatamente e automaticamente il c.d. “effetto” espulsivo dell’attività della ricorrente dal territorio dei vari comuni e, quindi, anche dal territorio regionale, ma tale censura si rivela del tutto indimostrata, posto che essa non trova riscontro in altri elementi probatori che non siano le mere asserzioni della ricorrente. Al riguardo, si deve comunque osservare che, secondo il fermo orientamento di questo Tribunale amministrativo Regionale (condiviso dalla maggioritaria giurisprudenza amministrativa) mentre la questione non si pone in alcun modo avuto riguardo all’ampio ambito regionale, riguardo al meno vasto territorio comunale, è stato stabilito in sede giurisprudenziale che, al fine di scongiurare il verificarsi del c.d. “effetto espulsivo”, sia sufficiente accertare l’esistenza di una pur minima parte di territorio comunale che sia oggettivamente ed effettivamente fruibile per legittimare la delocalizzazione delle sale giochi/scommesse che non rispettano il suddetto limite distanziometrico . Tutto ciò senza considerare che il più recente orientamento della giurisprudenza del Consiglio di Stato in materia, in un’ottica che sempre più sottolinea l’importanza e la necessaria prevalenza della tutela alla salute e della lotta alla ludopatia, specie ove riferita a categorie di giocatori psicologicamente più vulnerabili, ma pur sempre nel rispetto e tenendo nella dovuta considerazione i contrapposti interessi imprenditoriali e lavorativi delle imprese del settore, intende ora ampliare l’ambito territoriale nel quale alle imprese del settore è consentito delocalizzare la propria attività dal territorio comunale con estensione ai Comuni limitrofi, all’ ambito provinciale e, nel caso, financo a quello regionale .

Il Collegio ritiene ulteriormente che, con riferimento, alle tre eccezioni di legittimità costituzionale sollevate dalla ricorrente con l’atto introduttivo del giudizio, sia opportuno procedere ad un esame congiunto delle stesse. Tali eccezioni sono palesemente infondate, posto che la giurisprudenza amministrativa che si è occupata di tali questioni ha stabilito innanzitutto la ragionevolezza della scelta del legislatore regionale di disincentivare la collocazione degli impianti di gioco e le sale scommesse vicina ai centri abitati e ai “luoghi sensibili”, così come risulta coerente e non in contrasto con l’art. 41 Cost. – in un’ottica di lotta al fenomeno della ludopatia e una volta escluso il c.d. effetto espulsivo” – la previsione di un limite distanziometrico di m. 500 che deve intercorrere tra impianti di gioco e detti “luoghi sensibili”, quale misura diretta ad allontanare dette attività dai luoghi frequentati ordinariamente da persone psicologicamente più fragili rispetto ai rischi connessi all’attività di gioco e scommesse . Per quanto concerne, infine, il rilievo in ordine alla violazione del principio di irretroattività delle leggi che asseritamente deriverebbe dalle citate delibere regionali n. 831 del 2017 e n. 68 del 2019, il Tribunale non può che ribadire quanto già stabilito in altre precedenti decisioni, vale a dire che dette delibere sono prive di efficacia retroattiva (v, T.A.R. Emilia-Romagna –BO- sez. I, sentenze n. 55 e n. 703 del 2020). La L.R. Emilia – Romagna n. 18 del 2016 che ha introdotto i commi 2 e 2 bis all’art. 6 della L.R 5 del 2013 nell’esercizio delle proprie attribuzioni concorrenti in materia di “tutela della salute” (Corte Cost. n. 108/2017) ha dettato limiti di distanza per tutte le sale giochi e scommesse compresi i c.d. “corner” dai c.d. luoghi sensibili ovvero gli istituti scolastici di ogni ordine e grado, i luoghi di culto, impianti sportivi, strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o sociosanitario, strutture ricettive per categorie protette, luoghi di aggregazione giovanile e oratori. Ai sensi della deliberazione della Giunta regionale n. 831/2017 è fatto obbligo ai comuni procedere alla mappatura dei punti di raccolta che non rispettano i suindicati limiti di distanza. Il Tribunale deve infatti osservare che le suddette prescrizioni si applicano dall’entrata in vigore della legge e che esse non sono mirate alla immediata cessazione delle attività, nel relativo procedimento contemplandosi la delocalizzazione mediante il riconoscimento di una specifica tempistica anche per la tutela della continuità occupazionale. A sua volta la delibera di Giunta regionale n. 68 del 2019 ha altresì previsto un periodo di proroga di sei mesi connesso alla richiesta di delocalizzazione, che, in ragione di particolari esigenze, ciascun Comune potrà valutare essere ulteriormente prorogato per massimi ulteriori sei mesi. Anche la giurisprudenza amministrativa pronunciatasi sulla questione, oltre a negare, riguardo a casi del tutto analoghi, la denunziata retroattività, ha posto in evidenza che la pretesa deroga per le attività in essere rischia di porsi in contrasto con i principi general posti a tutela della libera concorrenza tra imprese. Sembra evidente che, se per l’esigenza di contemperare la prevenzione delle ludopatie con la salvaguardia delle attività economiche in essere, la norma sulle distanze minima non è retroattiva (nel senso che non incide sulle autorizzazioni in essere, ma soltanto su quelle richieste successivamente alla sua entrata in vigore) non per questo l’esistenza di un’autorizzazione pregressa giustifica una deroga permanente, che sottragga l’operatore all’applicazione della disciplina regolamentare a tutela della salute, quale che siano le vicende e le ubicazioni future del suo esercizio commerciale. Altrimenti, oltre a vanificare la portata della disciplina di tutela, si determinerebbe nel settore, attraverso la sorta di contingentamento o, comunque, la forte valorizzazione delle autorizzazioni preesistenti che ne conseguirebbero, una distorsione della concorrenza maggiore di quella che potrebbe essere imputata alle distanze minime (Consiglio di Stato, sez. III, 10 febbraio 2016, n. 579). Ne consegue, sotto un primo profilo, che il suesposto sistema non può dirsi dotato di efficacia retroattiva, prevendendosi misure atte a valere soltanto per il futuro, al fine di evitare il mantenimento di sale da gioco e scommesse ubicate entro i 500 metri dai punti sensibili, si da non potersi nemmeno invocare i pur non trascurabili limiti in tema di retroattività della legge non penale tracciati sia dalla Corte Costituzionale (ex multis sent. nn.12 aprile 2017 n. 73, 4 luglio 2013 n. 170) quanto agli art. 3, 24 e 113 Cost. che dalla stessa Corte di Strasburgo (sent. 2012 n. 264) quanto all’art. 6 CEDU. In secondo luogo, non può negarsi l’opportuna quanto necessaria previsione di un periodo transitorio idoneo a tutelare gli investimenti effettuati dagli operatori economici già in esercizio al momento di entrata in vigore della norma, quale strumento di contemperamento con le esigenze di tutela della salute, ferma restando l’esigenza di verificare la concreta possibilità della prevista delocalizzazione. D’altronde la lesione del legittimo affidamento invocata dalla ricorrente va esclusa anche in relazione alle espresse limitazioni derivanti dal titolo rilasciato dal Questore ex art. 88 t.u.l.p.s. che espressamente condiziona l’attività ad ulteriori valutazioni dell’Amministrazione comunale in base alle distanze previste da leggi regionali”.

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