Il Tar di Cagliari ha negato il risarcimento di oltre 223 mila euro chiesto da un imprenditore a cui il Comune di Cagliari, nel 2017, ha negato la licenz per aprire una sala giochi.
“La normativa regionale – si legge nella pronuncia che respinge la richiesta di condanna del Comune – è, invero, arrivata solo dopo l’adozione negli ultimi anni di numerose ordinanze e regolamenti da parte dei Comuni sardi per cercare di arginare il fenomeno, in crescente diffusione, del gioco d’azzardo patologico.
In tale periodo, in ordine alla questione dell’adozione dei mezzi di contrasto alla ludopatia e al riparto di competenza tra gli organi comunali il dibattito, in dottrina e in giurisprudenza, è stato acceso, anche con la proposizione di diverse questioni di legittimità costituzionale quali, ad esempio, quella dell’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000, che disciplina poteri normativi e provvedimentali attribuiti al Sindaco, nella parte in cui non prevede che tali poteri possano essere esercitati con finalità di contrasto del fenomeno del gioco di azzardo patologico (questione peraltro dichiarata inammissibile dalla Consulta per questioni di rito).
Ciò vale, tuttavia, a evidenziare che il quadro normativo di riferimento della vicenda in esame era tutt’altro che definito e inequivoco, o comunque tale da consentire di affermare che la violazione del riparto di competenze sanzionata dal giudice amministrativo con la sentenza n. 927 del 2 novembre 2018 possa integrare i profili di ingiustificata negligenza e imperizia dell’organo amministrativo nell’assunzione del provvedimento viziato che, come sopra detto, costituiscono presupposti per l’accoglimento di una domanda risarcitoria per lesione di un interesse legittimo nei confronti della pubblica amministrazione.
Sotto un secondo profilo, in merito all’azione risarcitoria proposta, non è superfluo evidenziare che nella specie non merita accoglimento e conseguente tutela l’affidamento riposto dalla ricorrente sul buon esito della sua istanza avuto riguardo all’elemento psicologico che ne ha connotato l’azione giacché, quale operatore del settore, con l’uso dell’ordinaria diligenza, ben avrebbe dovuto conoscere, prima di avviare il suo investimento, la normativa nazionale in vigore, seppure applicata col ricordato vizio di incompetenza in ambito comunale, che fin dal 2012 fissava la distanza minima di 500 (cinquecento) metri dai luoghi sensibili quali, istituti di istruzione primaria e secondaria, strutture sanitarie e ospedaliere, luoghi di culto, centri socio-ricreativi e sportivi.
Ed è pacifico che l’attività commerciale per la quale la ricorrente aveva chiesto al Comune di Cagliari l’autorizzazione all’allestimento e alla gestione di sale giochi non rispettava tale distanza”.