Il Tribunale di Bari ha condannato 20 imputati a pene comprese tra i 6 anni e 8 mesi di reclusione e i 18 mesi di reclusione, e ha assolto altri 6 imputati al termine del processo «Gaming machine», sulla presunta gestione mafiosa delle slot a Bari e in provincia, che nel gennaio 2020 portò all’arresto di 36 persone. Gli imputati rispondono, a vario titolo, di illecita concorrenza con violenza e minaccia e con l’aggravante del metodo mafioso, estorsione, riciclaggio, usura, contrabbando di sigarette e detenzione abusiva di armi clandestine. I fatti contestati risalgono agli anni 2012-2019.

E’ quanto scrive La Gazzetta del Mezzogiorno.

Stando alle indagini di Gico e Scico della Guardia di Finanza di Bari, coordinate dal procuratore facente funzione Roberto Rossi e dalla pm della Dda Bruna Manganelli, un imprenditore del barese (già condannato con rito abbreviato a 7 anni e 8 mesi di reclusione), socio di fatto di società e sale giochi, usufruendo della fama criminale dello zio pregiudicato, tra i reggenti di un clan (oggi condannato alla pena di 6 anni), avrebbe gestito per anni in modo quasi monopolistico il mercato delle videolottery sull’intero territorio. Condannate anche le mogli dei due.

L’accusa è di aver fatto accordi con i vertici dei clan mafiosi di Bari e provincia per «compiere atti di concorrenza sleale imponendo una posizione dominante nel mercato dei videopoker e di altri apparati da intrattenimento elettronici», attraverso «la minaccia e l’assoggettamento omertoso».

Nel processo erano imputati, e sono stati condannati, anche altri pregiudicati baresi, affiliati a diversi clan mafiosi della città.

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