Il Tar Veneto ha respinto – tramite sentenza – il ricorso presentato da una società del settore giochi contro il Comune di Bassano del Grappa (VI) in cui si chiedeva l’annullamento dell’ordinanza del sindaco avente ad oggetto “[d]isciplina comunale degli orari di funzionamento degli apparecchi con vincita in denaro, installati negli esercizi autorizzati ex artt. 86 e 88 del TULPS e negli esercizi commerciali ove è consentita la loro installazione, in attuazione della l.r. n. 38 del 10.09.2019 “norme sulla prevenzione e cura del disturbo da gioco d’azzardo patologico”; e di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguente, ancorché non conosciuto”.

Di seguito il testo della sentenza: “(…), con atto depositato in data 17 novembre 2020, ha incardinato presso l’intestato Tar il giudizio introdotto sotto forma di ricorso straordinario al Capo dello Stato avverso il provvedimento indicato in epigrafe chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:

  1. l’ordinanza comunale violerebbe il limite massimo di sei ore come previsto dall’Intesa adottata ai sensi dell’art. 1, comma 936, della Finanziaria 2016 e recepito dalla l.r. del Veneto n. 38/2019;
  2. l’ordinanza sarebbe illegittima in quanto una chiusura di sedici ore sarebbe illogica e violerebbe il principio di proporzionalità, posto che l’Intesa aveva stabilito che la durata massima di chiusura delle apparecchiature avrebbe potuto essere di massimo sei ore; inoltre, dall’istruttoria condotta dal Comune non sarebbe dato comprendere le ragioni per cui il Comune ha ritenuto che un’interruzione così severa dell’orario di esercizio degli apparecchi di intrattenimento consentirebbe di contrastare il fenomeno della ludopatia, in ragione delle specificità ambientali del territorio del Comune di Bassano; l’ordinanza del Comune di Bassano, poi, avrebbe l’effetto di creare una disparità di trattamento nell’ambito del panorama regionale tra le imprese che operano nel territorio comunale rispetto a quelle che operano, sempre nel territorio regionale, ma in altri comuni limitrofi;
  3. l’ordinanza sarebbe illegittima per incompetenza in ragione del mancato coinvolgimento dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli nella definizione delle fasce orarie di interruzione dei giochi;
  4. l’ordinanza sarebbe altresì illegittima nella parte in cui prevede l’applicazione di una sanzione aggiuntiva rispetto a quella già stabilita dalla l. r. n. 38/2019 nel caso di violazione delle fasce orarie di interruzione del gioco, con conseguente violazione del divieto di ne bis in idem.

Si è costituito in giudizio il Comune di Bassano contestando l’ammissibilità e fondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto; nonché l’Agenzia del Demanio eccependo il difetto di legittimazione passiva.

Le parti hanno depositato memorie difensive.

All’esito dell’udienza del 25 ottobre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

  1. Premessa.

1.1. La Regione Veneto ha adottato la l. r. 10 settembre 2019, n. 38, recante norme sulla prevenzione e sulla cura del disturbo da gioco d’azzardo patologico.

L’art. 8 di tale legge ha delegato alla Giunta regionale l’adozione del provvedimento per rendere omogenee sul territorio regionale le fasce orarie di interruzione quotidiana del gioco, nel rispetto di quanto previsto dall’Intesa e, quindi, fino ad un massimo di sei ore complessive giornaliere.

1.2. La Giunta, quindi, ha adottato, in data 30 dicembre 2019, la delibera n. 2006, stabilendo che gli orari di “interruzione del gioco” da porre in essere in modo omogeneo ed uniforme su tutto il territorio regionale per la prevenzione ed il contrasto della diffusione del gioco d’azzardo, come del fenomeno della dipendenza grave tra la popolazione, siano definiti come segue:

  • dalle ore 07:00 alle ore 09:00 (tale fascia espone maggiormente al rischio i minori ed i giovani, le donne, i lavoratori, le persone inoccupate);
  • dalle ore 13:00 alle ore 15:00 (tale fascia espone maggiormente al rischio le persone anziane, i lavoratori, le persone inoccupate ed i giovani);
  • dalle ore 18:00 alle ore 20:00 (tale fascia espone a rischio tutte le fasce di popolazione).

Come indicato nella parte motiva della delibera, le tre fasce orarie diurne di limitazione temporale all’esercizio del gioco, denominate fasce di “interruzione del gioco”, sono state individuate in considerazione del fatto che nelle fasce stesse, anche per i numeri e la qualità delle persone coinvolte (minori, anziani) maggiore per quantità e gravità è il rischio di manifestazione della dipendenza. Inoltre, l’uniformità dell’orario di interruzione consente altresì di precludere che tali soggetti, per soddisfare la loro inclinazione al gioco, possano essere indotti a giocare in un Comune limitrofo privo di una disciplina analoga.

La delibera regionale, d’altronde, precisa espressamente che ‹‹I Comuni possono, invece, aggiungere alle predette fasce di interruzione anche ulteriori fasce orarie di chiusura, anche in relazione alla situazione locale››.

1.3. L’art. 10 del Regolamento del Comune di Bassano per le sale giochi e l’installazione di apparecchi da intrattenimento prevede che l’orario di apertura delle sale giochi e di utilizzo degli apparecchi da intrattenimento di cui all’art. 110, comma 6, del TULPS, presenti negli esercizi autorizzati ai sensi degli artt. 86 e 88 del TULPS, è stabilito con apposita ordinanza sindacale.

Il Comune di Bassano, con l’ordinanza in questa sede impugnata, ha, quindi, deliberato di stabilire, a) come da precedente Ordinanza n. R.O. 01 del 03/01/2018, in otto ore giornaliere l’orario di funzionamento ed utilizzo degli apparecchi per il gioco lecito, intrattenimento e svago con vincita in denaro, collocati in locali o punti di offerta del gioco ai sensi degli articoli 86 e 88 del TULPS e/o collocati in altre tipologie di esercizi commerciali, così come di seguito indicato: a) le sale giochi autorizzate ai sensi dell’art. 86 del TULPS; b) le sale dedicate, esercizi dediti esclusivamente al gioco con presenza di soli apparecchi e congegni di cui all’art. 110 c. 6 lett. a) e lett. b) del TULPS; c) la sale bingo di cui al Decreto del Ministero delle Finanze 31/01/2000 n. 29, autorizzate dalla Questura ai sensi dell’art. 88 del TULPS; d) le agenzie di raccolta scommesse ippiche e sportive su incarico di concessionari di giochi, autorizzate dalla Questura ai sensi dell’art. 88 del TULPS; e) i negozi di gioco, cioè i punti vendita previsti dall’art.38, commi 2 e 4, del D.L. 4 luglio 2006 n. 223, convertito dalla Legge n.248 del 4/08/2006 e dall’articolo 1-bis del D.L. 25 settembre 2008 n. 149, convertito con modificazioni dalla legge 19 novembre 2008 n. 184 e modificato dall’articolo 2, commi 49 e 50, della legge 22 dicembre 2008 n. 203; f) i pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, gli esercizi commerciali, le rivendite di tabacchi, le ricevitorie del lotto, le strutture ricettive alberghiere ed extra alberghiere, i circoli privati di cui al DPR 4 aprile 2001 n. 235 ed ogni altra attività economica, qualora all’interno dei locali o in aree aperte al pubblico siano presenti o si vogliano installare apparecchi e congegni di cui all’art. 110 comma 6 del TULPS;

b) che gli orari di interruzione del gioco tramite apparecchi di intrattenimento e svago con vincite in denaro, collocati in altre tipologie di esercizi commerciali, locali o punti di offerta del gioco ai sensi degli articoli 86 e 88 TULPS (come specificati al punto 1) sono i seguenti: – dalle ore 07:00 alle ore 10:00; – dalle ore 13:00 alle ore 15:00; – dalle ore 18:00 alle ore 20:00; – dalle ore 22:00 alle ore 07:00.

A fondamento dell’ordinanza che precede, il Comune di Bassano ha posto un’articolata e ampia motivazione, valorizzando, in sintesi che:

  • alla – in allora – vigente ordinanza n. 1 del 03/01/2018 (con la quale è stato fissato l’orario di funzionamento e di utilizzo degli apparecchi per il gioco lecito con vincita in denaro al fine di fronteggiare il fenomeno del gioco d’azzardo patologico a tutela della salute pubblica e del benessere individuale e collettivo) era allegata una relazione sul gioco d’azzardo del Responsabile Ambulatorio GAP dell’ASL n. 7 di Bassano del Grappa, pervenuta in data 23 giugno 2017 al protocollo n. 40254, con la quale era stato dato conto del fatto che negli ultimi anni si era assistito “ad una vera e propria escalation del fenomeno del gioco d’azzardo, con grande rilievo su ogni mezzo di informazione nazionale e locale”;
  • dalla lettura della stessa relazione del 2017 dell’ASL 7, rispetto all’analisi della stessa ASL inviata al Comune in data 11 marzo 2014, è risultato un sensibile aumento della problematica dal punto di vista sanitario, che ha costituito uno dei presupposti per l’adozione della precedente ordinanza sindacale di disciplina degli orari per l’esercizio dell’attività di gioco lecito sul territorio comunale n. R.O. 130 del 07/05/2014;
  • l’ULSS 7 Pedemontana ha trasmesso al Comune di Bassano del Grappa una nuova “Relazione sul fenomeno del gioco d’azzardo nel Comune di Bassano del Grappa”, acquisita al protocollo comunale n. 25300 del 21/04/2020, che rileva la seguente situazione: – l’epidemiologia presenta dati di grande rilievo: gli studi statistici indicano che più del 40% della popolazione adulta ha avuto negli ultimi 12 mesi almeno un comportamento di gioco d’azzardo, mentre l’8% ha presentato modalità di gioco tali da configurare situazioni di problematicità e di rischio di evoluzione verso la dipendenza patologica; – nelle fasce giovanili e senili della popolazione e in altri cluster a maggior rischio questo dato può raddoppiare mentre un aumento di queste problematiche è prevedibile anche in contesti di disagio sociale ed economico; – a livello nazionale, circa dall’1 al 2 % della popolazione adulta soddisfa i criteri per la diagnosi di disturbo da gioco d’azzardo (DGA), configurando una presenza sul territorio del Comune di Bassano del Grappa che possiamo stimare in circa 500 giocatori d’azzardo patologici, tra i 1.500 e i 2.000 soggetti nel Distretto 1 della nostra ULSS; – dall’inizio del 2013 sono stati presi in carico nell’Ambulatorio dedicato presso il SerD di Bassano, in linea con i dati Regionali, 226 persone con disturbo da gioco d’azzardo seguiti con trattamenti individuali, familiari e/o gruppali, 42 di questi residenti a Bassano.
  • nell’ultimo decennio, si è assistito ad un incremento della diffusione del gioco d’azzardo osservato in Italia. L’ADM (Agenzia delle Dogane e dei Monopoli) ha reso noto che si è passati da un fatturato di 24,8 miliardi di euro nel 2004 agli 88,5 miliardi nel 2012, arrivando ai 106,846 miliardi di euro nel 2018. L’incremento esponenziale è stato accompagnato da un processo di riforma che ha considerevolmente liberalizzato il mercato, aumentando l’offerta di prodotti. La proliferazione dei giochi ha quindi contribuito ad aumentare non solo la raccolta, ma anche il numero di giocatori problematici, con conseguente aumento dei problemi personali e sociali legati al gioco eccessivo e incontrollato;
  • nel 2018, secondo i dati consolidati resi noti dalla stessa Agenzia delle Dogane e dei Monopoli relativi al Gioco d’Azzardo e scommesse, il Veneto è una delle principali regioni italiane dove si è maggiormente sviluppato il Gioco d’Azzardo, la quarta regione per volume di gioco con 6.236.108.903,91 euro. Nel Comune di Bassano del Grappa la somma giocata ammonta in totale a 72.353.733,28 euro, corrispondenti a 1.666,67 euro per abitante, contro i circa 1.225 euro per abitante del 2013. In particolare, nel 2018 per le AWP (dette Slot Machines) sono stati spesi 12.993.043,20 euro e per le VLT (Videolottery) ben 38.770.442,14 euro;
  • si sono aggravate le motivazioni che hanno portato all’adozione nel 2018 dell’ordinanza sindacale previgente, finalizzata alla regolamentazione degli orari di funzionamento degli apparecchi per il gioco lecito con vincita in denaro;
  • l’aggiornamento degli orari concorre anche ad armonizzare i provvedimenti di contrasto a questi fenomeni rispetto a quelli adottati nei Comuni contermini, quali a titolo esemplificativo e non esaustivo i Comuni di Cassola e Rosà, a tutela della propria comunità e volto a limitare l’uso degli apparecchi da gioco lecito con vincita in denaro, inteso come atto dovuto ai sensi dell’art. 3, comma 2, del D.Lgs. 267/2000 che recita: “il Comune è l’Ente Locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo”.
  1. Nel merito.

2.1. Per quanto concerne il primo motivo di ricorso è sufficiente richiamare quanto già sottolineato dall’intestato Tar Veneto, sez. III, con sentenza 02 settembre 2021, n. 1056: ‹‹innanzitutto, si ribadisce il carattere non cogente dell’Intesa raggiunta, in data 7 settembre 2017, in sede di Conferenza Unificata, come da giurisprudenza prevalente del Consiglio di Stato (Sez. V, sentt. nn. 4119, 4121, 4125, 5223, 5226, 6331 del 2020) e come già affermato anche da questo Tar (sentt. nn. 1209 e 620 del 2019; sent. n. 417 del 2018). 8.1. Come ribadito dal Consiglio di Stato (cfr., tra le altre, sent. n. 6331 del 2020), infatti, “…Per essere prevista quale atto prodromico all’esercizio del potere statale di coordinamento ed indirizzo con finalità di coinvolgimento delle Regioni, all’Intesa non può riconoscersi ex se, e senza che i suoi contenuti siano recepiti nel decreto ministeriale, alcuna efficacia cogente…”, inoltre, con riferimento allo specifico profilo inerente alla definizione delle fasce orarie di interruzione del gioco, “…rileva anche la seguente clausola: “Le disposizioni specifiche in materia, previste in ogni Regione o Provincia autonoma, se prevedono una tutela maggiore, continueranno comunque ad esplicare la loro efficacia…”, per cui, alla luce dei contenuti dell’Intesa, “è dunque corretto affermare che principio generale della materia è la previsione di limitazioni orarie come strumento di lotta al fenomeno della ludopatia”. Va poi evidenziato che la “Proposta di riordino dell’offerta del gioco lecito”, di cui all’Intesa raggiunta in sede di Conferenza Unificata, contempla un complessivo riordino della materia, prevedendo anche una significativa riduzione dell’offerta del gioco lecito, sia dei volumi che dei punti vendita, sicché risulterebbe arbitrario e contrario allo spirito dell’Intesa predicarne un’applicazione atomistica o parcellizzata e che vada nella direzione opposta a quella del contrasto al gioco d’azzardo patologico. E, del resto, va anche ricordato che l’art. 1, comma 936, della L. 28.12.2015 n. 208 (legge di stabilità 2016), ai sensi del quale è stata adottata l’Intesa, prevede espressamente che la finalità sia quella “di garantire i migliori livelli di sicurezza per la tutela della salute, dell’ordine pubblico e della pubblica fede dei giocatori e di prevenire il rischio di accesso dei minori di età”. 8.2.Tanto premesso, non si può aderire neppure alla tesi della ricorrente, secondo cui la legge regionale n. 38 del 2019, all’art. 8, avrebbe “legificato” il contenuto dell’Intesa del 7 settembre 2017, imponendo, in tutto il territorio della Regione Veneto, il limite massimo di interruzione del gioco in sei ore al giorno, secondo le fasce da individuare con delibera di Giunta, senza che i Comuni potessero più individuare fasce ulteriori di interruzione dal gioco. Come già più volte evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa, infatti, nell’attuale quadro normativo nazionale ed europeo in materia, anche a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 220 del 2014, restano ferme le competenze degli Enti locali e dunque la facoltà degli stessi di porre in essere gli interventi necessari a garantire il corretto equilibrio tra la libertà di iniziativa economica ex art. 41 della Costituzione e la tutela della sicurezza, della salute, della libertà e dignità umana, in ragione delle specifiche problematiche di ciascun territorio. Invero, la limitazione degli orari di apertura delle sale da gioco o scommessa e degli altri esercizi in cui sono installate apparecchiature per il gioco può essere sempre disposta dal Comune per la tutela della salute pubblica ed il benessere socio-economico dei cittadini ai sensi dell’art. 50, comma 7, del Dlgs n. 267/2000, allo scopo di prevenire, contrastare e ridurre il fenomeno del gioco d’azzardo patologico (GAP) (ex plurimis, Corte Cost. sent. n. 220 del 2014, Cons. di Stato, sent. 4794/15, Tar Veneto, sent. n. 662 del 2017, 841 del 2017, 417 del 2018, 1209 del 2019, Tar Lazio, Roma, sent. n. 2554 del 2019 e 2556 del 2019; Cons. di Stato, sent. n. 4867 del 2018 e 4509 del 2019). Anzi, la giurisprudenza amministrativa si è espressa nel senso che, in capo ai Comuni, sussista non solo il potere, ma anche un vero e proprio obbligo di adottare interventi limitativi nella regolamentazione delle attività di gioco, dettato da esigenze di tutela della salute pubblica (cfr. Cons. Stato, sent. n. 4509 del 2019 cit., secondo cui dal composito e complesso quadro giuridico che regola la materia emerge “non solo e non tanto la legittimazione, ma l’esistenza di un vero e proprio obbligo a porre in essere, da parte dell’amministrazione comunale, interventi limitativi nella regolamentazione delle attività di gioco, ispirati per un verso alla tutela della salute, che rischia di essere gravemente compromessa per i cittadini che siano giocatori e quindi clienti delle sale gioco, per altro verso al principio di precauzione, citato nell’art. 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), il cui campo di applicazione si estende anche alla politica dei consumatori, alla legislazione europea sugli alimenti, alla salute umana, animale e vegetale. L’assioma fondamentale di tale ultimo principio è che nell’ipotesi di un rischio potenziale, laddove vi sia un’identificazione degli effetti potenzialmente negativi di un’attività e vi sia stata una valutazione dei dati scientifici disponibili, è d’obbligo predisporre tutte le misure per minimizzare (o azzerare, ove possibile) il rischio preso in considerazione, pur sempre nel rispetto del principio di proporzionalità e di contemperamento degli interessi coinvolti…”; in tal senso cfr. anche Cons. Stato, sent. n. 4867 del 2018). E, in diverse pronunce, la giurisprudenza amministrativa ha riconosciuto la legittimità di limitazioni orarie al funzionamento degli apparecchi di gioco da parte dei Comuni ben superiori a quello che, invece, la ricorrente deduce essere il limite massimo e parametro di ragionevolezza sulla base dell’Intesa (cfr., tra le altre, Cons. di Stato sent. n. 4509 del 2019 e i precedenti ivi richiamati; sent. n. 3382 del 2018; sent. n. 6331 del 2020; Tar Milano, sent. n. 716 del 2019). Il testo dell’art. 8 della legge della regione Veneto n. 38 del 2019, quindi, nella parte in cui fa riferimento all’Intesa, non può essere interpretato nel senso di aver comportato l’assunzione a rango di norma regionale delle indicazioni dell’Intesa, se non sotto il profilo della riconosciuta esigenza di coordinamento ma sempre nel rispetto del principio di leale cooperazione e sussidiarietà e nel rispetto delle prerogative proprie dei Comuni. Secondo una interpretazione costituzionalmente orientata della legge regionale, infatti, non può ritenersi che in forza del generico richiamo all’Intesa, contenuto all’art. 8, la Regione abbia inteso “avocare” a sé un potere che, come ricordato dalla Corte costituzionale n. 220 del 2014, è attribuito ai Comuni in forza della previsione dell’art. 50, comma 7 del TUEL. E, ancora, la stessa legge regionale n. 38 del 2019 “Norme sulla prevenzione e cura del disturbo da gioco d’azzardo patologico”, all’art. 1 “Finalità” precisa che “1. La Regione del Veneto, nell’ambito delle proprie competenze in materia di tutela della salute e di politiche sociali, promuove interventi finalizzati alla prevenzione, al contrasto e alla riduzione dei rischi da gioco d’azzardo e delle problematiche azzardo-correlate, nonché al trattamento e al recupero delle persone che ne sono dipendenti e al supporto delle loro famiglie. 2. La Regione tutela le fasce più deboli e maggiormente vulnerabili della popolazione e disciplina l’impatto delle attività connesse all’esercizio del gioco d’azzardo sulla sicurezza e decoro urbano, sulla viabilità, sulla quiete pubblica e sull’inquinamento acustico…..”, per cui, a maggior ragione, l’art. 8 della medesima legge non può essere inteso, invece, come impositivo di un limite alla potestà dei Comuni di prevedere ulteriori fasce orarie di interruzione del gioco a tutela delle specifiche realtà locali: limite che violerebbe le prerogative dei Comuni e che andrebbe nella direzione opposta a quella delle finalità di tutela enunciate dalla stessa legge regionale. Va ribadito, inoltre, che è la stessa Intesa, richiamata dalla legge regionale, a prevedere la possibilità di mantenere le misure locali più restrittive (cfr. punto 5 dell’Intesa “accentuare l’azione preventiva e di contrasto al gioco di azzardo patologico” dove si prevede che “…Le disposizioni specifiche in materia, previste in ogni Regione o Provincia autonoma, se prevedono una tutela maggiore, continueranno comunque ad esplicare la loro efficacia”) e che, come sottolineato anche dal Consiglio di Stato nelle pronunce sopra richiamate, alla luce dei contenuti dell’Intesa, “è dunque corretto affermare che principio generale della materia è la previsione di limitazioni orarie come strumento di lotta al fenomeno della ludopatia”. La Giunta regionale, con la delibera n. 2006 del 30 dicembre 2019, attuativa della legge regionale n. 38 del 2019, peraltro non oggetto di impugnativa nel presente ricorso, ha, quindi, stabilito quale strumento minimo di tutela valido per tutto il territorio regionale (avendo ritenuto che fossero quelle di maggior rischio), tre fasce di interruzione del gioco, per un totale di 6 ore di interruzione, da porre in essere in modo omogeneo ed uniforme su tutto il territorio regionale (dalle ore 07:00 alle ore 09:00;dalle ore 13:00 alle ore 15:00;dalle ore 18:00 alle ore 20:00), precisando che ” I Comuni possono, invece, aggiungere alle predette fasce di interruzione anche ulteriori fasce orarie di chiusura, anche in relazione alla situazione locale”, e specificando che “La “interruzione del gioco”, per tutti gli apparecchi per il gioco di cui all’articolo 110, comma 6, del R.D. 773/1931 e ss.mm, è una azione di rinforzo delle norme regolamentari e/o delle ordinanze in materia di orari approvate dagli Enti Locali”, e ciò nel rispetto delle prerogative proprie dei Comuni, come riconosciute anche dalla Corte Costituzionale, a tutela delle specifiche realtà locali››.

A tale ultimo proposito, va sottolineato come la delibera della Giunta regionale non sia stata fatto oggetto di specifica impugnativa con il ricorso qui in esame, tanto che il ricorso non risulta essere stato indirizzato e notificato alla Regione Veneto, senza che, in senso contrario, possa valere il mero inciso, contenuto nel primo motivo di ricorso, secondo cui la Giunta Regionale ‹‹avrebbe illegittimamente stabilito che “[i] Comuni possono, invece, aggiungere alle predette fasce di interruzione anche ulteriori fasce orarie di chiusura” (enfasi aggiunta), così riconoscendo in capo ai Comuni dislocati nel territorio regionale il diritto di regolamentare in maniera differente (in senso più restrittivo) gli orari di interruzione del gioco››.

Del resto, qualora parte ricorrente avesse inteso contestare effettivamente l’illegittimità della suddetta delibera con la censura che precede, quest’ultima sarebbe inammissibile proprio in ragione della mancata notificazione del ricorso alla Regione e, in ogni caso, detta doglianza sarebbe infondata alla luce di quanto sopra ricordato e del carattere non vincolante dell’Intesa e del relativo richiamo operato dall’art. 8 della l. r. Veneto n. 38 del 2019.

Ne consegue il rigetto del primo motivo di ricorso.

2.2. Sul terzo motivo di ricorso.

Al riguardo, si ribadisce quanto già sottolineato dall’intestato Tar con la sentenza sez. III, con sentenza 02 settembre 2021, n. 1056: ‹‹Considerato quanto sopra esposto in riferimento alla non cogenza del contenuto dell’Intesa stipulata nel 2017 in sede di Conferenza Unificata, neppure in virtù del richiamo da parte della legge regionale n. 38 del 2019, infondato è anche il terzo motivo di ricorso con cui si lamenta il mancato coinvolgimento dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli nella definizione delle fasce orarie di interruzione del funzionamento delle apparecchiature di gioco (cfr., tra le altre, Cons. di Stato, sent. n. 6331 del 2020 cit.)››.

Pertanto, anche il terzo motivo di ricorso deve essere respinto.

2.3. Sul quarto motivo di ricorso.

Anche in questo caso, richiamando quanto statuito dall’intestato Tar nella decisione Tar Veneto, sez. III, con sentenza 02 settembre 2021, n. 1056, deve ritenersi infondato il quarto motivo di ricorso, considerato che l’ordinanza in questione, nel prevedere che “la violazione di tutte le disposizioni previste dalla presente Ordinanza, comporta l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 25,00 Euro ad un massimo di 500,00 Euro”, dispone espressamente che si applichino i “principi di cui alla Legge 689/1981”, per cui si può ritenere, in applicazione del principio di specialità di cui all’art. 9 di tale legge, che, nel caso di violazione delle fasce di interruzione dal gioco coincidenti con quelle previste dalla disciplina regionale richiamata, si applichino le sole sanzioni specificamente previste dall’art. 14, l. r. Veneto n. 38 del 2019.

Anche il quarto motivo di ricorso, quindi, deve essere respinto.

2.4. Sul secondo motivo di ricorso.

Si è già detto che l’Intesa raggiunta in sede di Conferenza Unificata non ha efficacia vincolante né il suo contenuto è stato “legificato” e reso vincolante dalla legge regionale n. 38 del 2019, per cui la stessa non può essere assunta quale parametro di legittimità dei provvedimenti assunti dagli Enti Locali, nell’esercizio delle proprie competenze in materia, ai sensi dell’art. 50, comma 7, del D.Lgs. n. 267 del 2000.

Ciò premesso, e in disparte la considerazione che nell’attuale momento storico la diffusione del fenomeno della ludopatia in ampie fasce della società civile costituisce un fatto notorio o, comunque, una nozione di fatto di comune esperienza, come attestano le numerose iniziative di contrasto assunte dalle autorità pubbliche a livello europeo, nazionale e regionale, l’ordinanza impugnata appare sorretta da una adeguata istruttoria, come emerge dalle premesse della stessa, in cui, oltre a dar conto delle problematiche derivanti dalla ludopatia e delle iniziative, anche a livello europeo, per contrastare il fenomeno, è stata richiamata la dettagliata e aggiornata relazione che la ULSS 7 Pedemontana ha trasmesso al Comune di Bassano del Grappa, nella quale si dà chiaramente conto dell’andamento e della presenza, rilevante, del fenomeno della ludopatia nel Comune predetto, e, più in generale, nell’ambito territoriale complessivo di “competenza” dell’Ulss 7.

Centrale è infatti il dato per cui la “lotta” al fenomeno della ludopatia non possa limitarsi alla situazione dei singoli Comuni, isolatamente considerati, con speciale riguardo alla situazione socio-economica del Veneto, Regione caratterizzata da una miriade di piccoli e medi Comuni contigui, laddove quelli dell’area della c.d. “Pedemontana” (da cui il nome dell’Ulss 7) vengono a costituire un bacino di utenza che, ai fini dell’efficace contrasto al fenomeno in esame, non può che essere considerato unitariamente.

Come emerge dall’ordinanza impugnata – che richiama “i verbali della Conferenza dei Sindaci dei 28 Comuni afferenti l’ASL 7 Pedemontana”, nei quali si rileva come sia stato concordato tra i Sindaci di adottare provvedimenti omogenei per tutto il comprensorio di competenza, distretto per distretto, per quanto riguarda gli orari di funzionamento, al fine di evitare fenomeni di migrazione verso Comuni limitrofi con diverse discipline – stante anche, come detto, la particolare realtà sociale ed economica del Veneto in generale, e, nello specifico, del complesso dei Comuni “pedemontani”, che trovano in Bassano il principale centro di riferimento, una gestione e regolamentazione adeguate del problema non potevano che essere effettuate alla luce di una valutazione “d’area”, tenendo conto, cioè, dell’incidenza e dello sviluppo del fenomeno con riguardo all’intero insieme dei centri che, in ragione della limitata estensione territoriale, ma al contempo della estrema contiguità tra gli stessi, vengono in rilievo, di fatto, come un unico grande bacino d’utenza ai fini che qui interessano, così da prevenire, coerentemente con gli intendimenti del legislatore regionale, il rischio della “migrazione da gioco” da un Comune all’altro alla ricerca della situazione più favorevole in termini di orari.

In altre parole, correttamente il Comune di Bassano, così come gli altri Enti rientranti nell’area “pedemontana” dell’Ulss 7, ha tenuto conto delle criticità riscontrate nelle relazioni, ancorché, a ben vedere, la relazione del 2020, pur ponendo attenzione all’incidenza complessiva del fenomeno ludopatico sull’intero bacino di utenza interessato, ha avuto il pregio di dare anche conto di specifici dati inerenti il Comune di Bassano.

Pertanto, le limitazioni orarie stabilite dal Comune resistente risultano adeguatamente sorrette dal complessivo apparato motivazionale dell’ordinanza, tenuto conto che: a) il dato della presa in carico presso la ULSS dà comunque un’idea “sottostimata” del fenomeno della ludopatia, che tende a restare sommerso ed è connotato da una notevole cifra oscura, in quanto molti soggetti ludopatici non si rivolgono alle strutture sanitarie e ai servizi sociali (cfr. Tar Veneto, sent. n. 417 del 2018); b) vanno considerati tutti gli altri elementi evidenziati dal Comune nelle premesse dell’ordinanza e, in particolare, il preoccupante trend in aumento delle giocate nel territorio comunale. In relazione a tale ultimo aspetto, infatti, il Comune ha ricordato che “nel 2018, secondo i dati consolidati resi noti dalla stessa Agenzia delle Dogane e dei Monopoli relativi al Gioco d’Azzardo e scommesse, il Veneto è una delle principali regioni italiane dove si è maggiormente sviluppato il Gioco d’Azzardo, la quarta regione per volume di gioco con 6.236.108.903,91 euro. Nel Comune di Bassano del Grappa la somma giocata ammonta in totale a 72.353.733,28 euro, corrispondenti a 1.666,67 euro per abitante, contro i circa 1.225 euro per abitante del 2013. In particolare, nel 2018 per le AWP (dette Slot Machines) sono stati spesi 12.993.043,20 euro e per le VLT (Videolottery) ben 38.770.442,14 euro”; sottolineando altresì che “si sono aggravate le motivazioni che hanno portato all’adozione nel 2018 della vigente e specifica ordinanza sindacale, finalizzata alla regolamentazione degli orari di funzionamento degli apparecchi per il gioco lecito con vincita in denaro”.

Escluso il difetto di istruttoria e di motivazione, va rammentato come la prevista limitazione ad otto ore dell’orario di funzionamento degli apparecchi di gioco lecito, come già più volte affermato dalla giurisprudenza in materia, può considerarsi rispettosa anche del principio di proporzionalità rispetto agli obiettivi perseguiti (prevenzione, contrasto e riduzione del gioco d’azzardo patologico), realizzando un ragionevole contemperamento degli interessi economici degli imprenditori del settore con l’interesse pubblico a prevenire e contrastare fenomeni di patologia sociale connessi al gioco compulsivo, non essendo revocabile in dubbio che un’illimitata o incontrollata possibilità di accesso al gioco accresce il rischio di diffusione di fenomeni di dipendenza, con conseguenze pregiudizievoli sia sulla vita personale e familiare dei cittadini, che a carico del servizio sanitario e dei servizi sociali, chiamati a contrastare patologie e situazioni di disagio connesse alle ludopatie (sulla legittimità di ordinanze o regolamenti comunali che hanno limitato a otto ore giornaliere l’apertura delle sale scommesse o da gioco e la funzionalità degli apparecchi per il gioco installati, si veda, tra le altre, Cons. di Stato sent. n. 4509 del 2019 e i precedenti ivi richiamati; sent. n. 3382 del 2018; sent. n. 6331 del 2020; Tar Milano, sent. n.716 del 2019).

Inoltre, come già ricordato dall’intestato Tar con la sentenza n. 1056 del 2021, l’idoneità dell’atto impugnato a realizzare l’obiettivo perseguito deve essere apprezzata tenendo presente che scopo della disciplina impugnata non è quello di eliminare ogni forma di dipendenza patologica dal gioco (anche quelle generate da altre tipologie di giochi leciti e anche on line) – obiettivo che travalicherebbe la sfera di attribuzioni del Comune (Tar Veneto, sent. n. 114 del 2016) – ma solo quello di prevenire, contrastare e ridurre il rischio di dipendenza patologica da gioco, derivante dall’utilizzo di apparecchiature per il gioco lecito, di cui all’art. 110, c. 6 del TULPS, ovunque installate sul territorio comunale.

In questo senso, come detto, tenuto conto dell’esigenza di coordinare le limitazioni orarie sulla scorta non solo della realtà inerente il singolo Comune, ma, quantomeno, anche della situazione relativa al bacino di utenza relativo a tutti i Comuni dell’area di riferimento dell’Ulss 7 – che, non a caso, risultano aver dato una regolamentazione in materia coerente e conforme tra loro – la misura non può dirsi certamente sproporzionata o irragionevole.

E, comunque, l’ordinanza in questione limita l’orario di funzionamento delle apparecchiature di gioco mentre non incide sull’apertura al pubblico delle sale da gioco, per cui le stesse possono comunque organizzare le loro attività continuando ad offrire altri servizi negli orari i cui tali apparecchiature devono restare spente. Infine, va evidenziato che, anche alla luce delle decisioni della Corte di giustizia dell’Unione Europea nel settore dell’esercizio dell’attività imprenditoriale del gioco lecito, le esigenze di tutela della salute sono da ritenere prevalenti rispetto a quelle economiche (cfr. Cons. Stato, sent. n. 6331 del 2020 cit.).

Nè può essere invocata a sostegno dell’illegittimità dell’atto impugnato la disparità di trattamento rispetto a discipline eventualmente più favorevoli (per i gestori) da parte di altri Comuni, in quanto, in disparte che tale censura è solo genericamente dedotta senza essere supportata da allegazioni documentali, i Comuni, come già sopra evidenziato, mantengono ed esercitano le loro prerogative di tutela con riferimento al territorio di loro pertinenza e alle specifiche realtà locali (cfr. Tar Veneto, sent. n. 620 del 2019).

  1. In ordine al difetto di legittimazione passiva dell’Agenzia del Demanio.

Al riguardo, parte ricorrente non ha formulato a ben vedere domande nei confronti del suddetto Ente e l’eventuale notifica degli atti introduttivi hanno una mera funzione “partecipativa”, sì che l’Agenzia non è stata fatto oggetto di specifiche pretese da parte della ricorrente.

Pertanto, l’eccezione, nei termini sopra esposti, deve essere respinta.

  1. Conclusioni e spese.

Alla luce di quanto fin qui esposto, il ricorso deve essere respinto.

Le spese di lite devono essere compensate attesa la particolarità della controversia.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.