Giustizia Amministrativa - Consiglio di stato Tribunali Amministrativi RegionaliGiustizia Amministrativa - Consiglio di stato Tribunali Amministrativi Regionali Sito Istituzionale della Giustizia amministrativa Sezione del sito (Intestazione) * Vai al menu di navigazione <#sez_navig> * Vai al contenuto <#content> Vai alla pagina HOME * Torna alla pagina precedente Sezione del sito (Contenuto) Pubblicato il 23/01/2017 N. 00024/2017 REG.PROV.COLL. N. 00177/2016 REG.RIC. logo REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa Sezione Autonoma di Bolzano ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 177 del 2016, proposto da: Nihao s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Carlo Geronimo Cardia, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Antonio Celeghin in Bolzano, via Amba Alagi, 30; contro Comune di Bolzano, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandra Merini, Bianca Maria Giudiceandrea, Laura Polonioli, Gudrun Agostini, domiciliata presso la sede dell’Avvocatura comunale in Bolzano, vicolo Gumer, 7; Provincia Autonoma di Bolzano, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Doris Ambach, Renate Von Guggenberg, Stephan Beikircher, Laura Fadanelli, domiciliata presso la sede dell’Avvocatura provinciale in Bolzano, piazza Silvius Magnago, 1; nei confronti di Agenzia delle Dogane e dei Monopoli non costituita in giudizio; e con l'intervento di /ad adiuvandum/: Centro Culturale "La Sentinella", in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Alessandra Papa, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Antonio Celeghin in Bolzano, via Amba Alagi, 30; per l'annullamento 1) della nota prot. 7.1/73.09/299861/BE/GT della Provincia di Bolzano, a firma dell’Assessore agli Enti locali Dr. Arnold Schuler, ricevuta in data 10.06.2016, relativa alla "/pronuncia di decadenza dell'autorizzazione alla gestione della sala giochi "Europa" a Bolzano, Viale Europa 60/" (la "Sala") con ordine di "/restituire la licenza in oggetto e chiudere l'esercizio in oggetto entro 7 giorni dalla notifica del provvedimento/" (doc. 1 di parte ricorrente); 2) delle deliberazioni della Giunta Provinciale n. 341 del 12.03.2012 e n. 1570 del 29.10.2012; 3) nonché di ogni altro atto relativo, presupposto e conseguente, individuato ed individuabile. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Bolzano e della Provincia Autonoma di Bolzano; Visto l’atto di intervento /ad adiuvandum/ del Centro Culturale “La Sentinella”; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2016 il dott. Sarre Pirrone e uditi per le parti i difensori, avv. C. G. Cardia per la parte ricorrente; avv. A. Papa per l'interveniente /ad adiuvandum/; avv. A. Merini per il Comune di Bolzano; avv. C. Bernardi, in sostituzione dell’avv. R. von Guggenberg, per la Provincia autonoma di Bolzano. Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1. Oggetto di impugnazione è la nota del 23.05.2016, prot. n. 7.1/73.09/299861/BE/GT, a firma dell’Assessore agli Enti Locali della Provincia Autonoma di Bolzano, notificata in data 10.06.2016, relativa alla “/pronuncia di decadenza dell'autorizzazione alla gestione della sala giochi “Europa” a Bolzano, viale Europa 60/” con ordine di “/restituire la licenza in oggetto e chiudere l'esercizio in oggetto entro 7 giorni dalla notifica del provvedimento/”. 2. Sono altresì impugnate le deliberazioni della Giunta provinciale n. 341 del 12.3.2012 e n. 1570 del 29.10.2012 con le quali sono state individuate ulteriori categorie di luoghi sensibili ai sensi della L.P. 13.5.1992, n. 13. 3. Il ricorso poggia sui seguenti motivi di impugnazione: - Primo motivo: “/illegittimità degli atti impugnati, derivata dall’illegittimità delle norme presupposto, quantomeno nella parte in cui determinano l’effetto espulsivo, per violazione della riserva di legge/”. - Secondo motivo: “/illegittimità degli atti impugnati, derivata dall’illegittimità delle norme presupposto, quantomeno nella parte in cui determinano l’effetto espulsivo, per contrasto con le esigenze di unitarietà di trattamento sul territorio nazionale artt. 118, comma 1, e 117, comma 3 ultimo capoverso Cost./”. - Terzo motivo: “/illegittimità degli atti impugnati, derivata dall’illegittimità delle norme presupposto, quantomeno nella parte in cui determinano l’effetto espulsivo, per violazione del principio della riserva di legge statale di cui all’art. 117, lettera m), Cost., stante l’illegittima previsione di norme aventi ad oggetto la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni/”. - Quarto motivo: “/illegittimità degli atti impugnati, derivata dall’illegittimità delle norme presupposto, quantomeno nella parte in cui determinano l’effetto espulsivo, per lesione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost/.”. - Quinto motivo: “/illegittimità degli atti impugnati ed in particolare delle deliberazioni Giunta Provinciale del 12.03.2012, n. 341, e n. 1570 del 29.10.2012, presupposto del provvedimento di decadenza direttamente lesivo degli interessi della ricorrente, per eccesso di potere sotto il profilo del difetto di istruttoria, irragionevolezza incongruità e mancanza di proporzionalità anche alla luce dell’effetto espulsivo/”. 4. La ricorrente formula altresì istanze cautelari ed istruttorie, riservandosi la facoltà di esperire azione risarcitoria. 5. Nel merito si precisano le seguenti conclusioni: “(ii) /in via pregiudiziale rimettere gli atti alla Corte Costituzionale in relazione alle questioni di legittimità costituzionale non manifestamente infondate rilevate in ordine alle norme indicate nel ricorso -- art. 5 bis della LP 13/1992 (introdotto dall’art. 1 della LP 13 del 22.11.2010), art. 11, comma 1 bis della LP 58/1988 (introdotto dall’art. 2, comma 2 della LP 13 del 22.11.2010), art. 11, comma 1 ter della LP 58/88 (modificato dall’art. 1, comma 1 della LP 17 del 17 dell’11.10.2012), art. 47, comma 2 della LP 58/1988 (modificato dall’art. 2, comma 1 della LP 17 dell’11.10.2012) art. 54, comma 3, lettera K) della LP 58/1988 (così sostituito dall’art. 3, comma 1 della LP 17 dell’11.10.2012) in contrasto con gli artt. 41, 114, comma 3, 117, comma 2, lett. h, 117, lett. m e 118, comma 1 della Costituzione/; “/(iii) nel merito, dichiarare l’illegittimità degli atti impugnati e di conseguenza annullare la nota prot. 7.1/73.09/53863/BE/GT /(rectius: 7.1/73.09/299861/BE/GT) /della Provincia di Bolzano/”; “/(iv) in via istruttoria si chiede a questo Eccellentissimo TAR che lo stesso voglia disporre consulenza tecnica d’ufficio al fine di verificare quali siano gli effetti (e l’impatto sul territorio del Comune di Bolzano) dell’obbligo di mantenere una distanza minima di 300 metri dai siti indicati negli Atti Impugnati./” 6. La Provincia Autonoma di Bolzano si è costituita in giudizio con comparsa di costituzione dd. 01.09.2016, chiedendo il rigetto del ricorso perché inammissibile e infondato. 7. Il Comune di Bolzano si è, a sua volta, costituito in giudizio con memoria dd. 08.09.2016, chiedendo il rigetto del ricorso perché infondato. 8. Con decreto presidenziale d.d. 11.07.2016, confermato da ordinanza collegiale d.d. 13.09.201, veniva sospesa in via cautelare l’efficacia del provvedimento di decadenza dall’autorizzazione e di chiusura della sala giochi oggetto di impugnativa. 9. Nei termini di rito le parti hanno prodotto documenti e memorie, anche di replica. Parte ricorrente ha depositato altresì due perizie redatte dall’arch. Roberto Meneghetti, rispettivamente di data 04.12.2013 (all. 6 al ricorso) e di data 14.09.2016 (depositata il 03.11.2016), aventi ad oggetto la “/verifica di insediabilità nel territorio comunale di Bolzano del gioco legale/”. 10. Con atto di intervento /ad adiuvandum/ dd. 08.11.2016, notificato alle parti in data 09.11.2016 e depositato in segreteria in data 11.11.2016, ha spiegato intervento adesivo il Centro Culturale “La Sentinella”, instando per l’accoglimento del ricorso principale R.G. 177/2016 e di tutte le relative domande e istanze nel medesimo proposte. 11. Sentite le parti all’udienza pubblica del 14.12.2016, la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO 12. Con nota prot. n. 7.1/73.09/547529/10/GT del 18.09.2010 il Presidente della Provincia Autonoma di Bolzano autorizzava il sig. ZHU Jian Bo, legale rappresentante della società NIHAO s.r.l., “/a gestire la sala giochi con mescita di bevande alcoliche e superalcoliche “Europa”, in Bolzano, viale Europa n. 60/”, con previsione di un orario di apertura dalle ore 6.00 alle ore 1.30 (doc. 2 di parte ricorrente). 13. La licenza veniva volturata, con provvedimento del 03.09.2012, in favore dell’affittuario della predetta sala giochi, sig. Luzzi Sergio (doc. 4 di parte ricorrente). 14. Con nota prot. n. 7.1/73.09/53863/BE/GT del 09.02.2016 il Presidente della Provincia Autonoma di Bolzano comunicava al sig. Luzzi Sergio l’avvio del procedimento per la pronuncia di decadenza dell’autorizzazione alla gestione della sala giochi “Europa” (doc. 5 della ricorrente). Nella nota si precisava che il procedimento di decadenza risultava avviato ai sensi dell’art. 5 /bis/ della L.P. 13.5.1992, n. 13 secondo cui “/per ragioni di tutela di determinate categorie di persone e per prevenire il vizio del gioco, l'autorizzazione di cui all'articolo 1, comma 2, per l'esercizio di sale da giochi e di attrazione non può essere concessa ove le stesse siano ubicate in un raggio di 300 metri da istituti scolastici di qualsiasi grado, centri giovanili o altri istituti frequentati principalmente dai giovani o strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio-assistenziale/”. 15. Con provvedimento prot. n. 7.1/73.09/299861/BE/GT del 23.05.2016, notificato in data 10.6.2016, l’Assessore agli enti locali della Provincia Autonoma di Bolzano pronunciava la decadenza della succitata autorizzazione alla gestione di “sala giochi” intestata alla società NIHAO s.r.l. ordinando alla stessa di “/restituire la licenza in oggetto e chiudere l’esercizio in oggetto entro 7 giorni dalla notifica del provvedimento/” e quindi entro il 17.6.2016 (doc. 1 della ricorrente). 16. Avverso il provvedimento suddetto propone ora ricorso la società titolare dell’autorizzazione oggetto della declaratoria di decadenza, nonché destinataria dell’ordine di chiusura, formulando i motivi di gravame in epigrafe indicati. 17. Lo scrutinio dei motivi suddetti va preceduto dalla verifica di fondatezza della pregiudiziale eccezione sollevata dal Comune di Bolzano di inammissibilità dell’intervento /ad adiuvandum/ esperito dal Centro Culturale “La Sentinella”. 18. Ai sensi dell'art. 28, comma 2, c.p.a., "/Chiunque non sia parte del giudizio e non sia decaduto dall'esercizio delle relative azioni, ma vi abbia interesse, può intervenire accettando lo stato e il grado in cui il giudizio si trova/". 19. La disposizione codicistica sopra citata non disciplina espressamente i requisiti positivi di legittimazione all’intervento adesivo nel processo amministrativo. A tale riguardo si registra peraltro un orientamento interpretativo giurisprudenziale - cui il Collegio aderisce - che porta a identificare l’interesse dipendente con un interesse anche di mero fatto, purché tale da giustificare l’aspirazione della parte eventuale all’accoglimento o al rigetto del ricorso (cfr. Tar Lazio, sez. II, 23.02.2015, n. 2999, Cons. St., sez VI, sent. 18.02.2015, n.832; Cons. St., sez. V, sent. 04.08.2014, n. 4153; Cons. St., sez. IV, sent. 08.06.2010, n. 3589; Cons. St., sez. V, 03.12.2009, n. 7589; Cons. St., sez. V, sent. 20.5.2005, n. 2534). 20. Nella fattispecie in esame gli effetti del provvedimento controverso appaiono riconducibili al vasto perimetro delle finalità statutarie dell'associazione (genericamente riferite a tematiche di carattere sociale e religioso), senza che ciò determini la configurabilità di una posizione sufficientemente qualificata e differenziata in capo alla medesima, tale da legittimare un’impugnativa autonoma della contestata declaratoria di decadenza. 21. Alla luce del citato parametro normativo deve quindi ritenersi che la mancanza nell'interveniente di una posizione sostanziale di interesse legittimo, anziché costituire momento di ostacolo al suo ingresso in giudizio, ne rappresenta, al contrario, un presupposto negativo di ammissibilità. 22. Non si può comunque negare – anche in ragione delle documentate iniziative assunte dall’associazione ricorrente in relazione al contrasto del fenomeno delle ludopatie (v. doc. 2 e 3, allegati all’intervento) - l'esistenza in capo all’associazione intervenuta di un interesse di fatto (sia pure derivato ed accessorio rispetto a quello vantato dalla società ricorrente) che consenta alla medesima di ritrarre un vantaggio indiretto e riflesso dall'accoglimento del ricorso. 23. A tale proposito il collegio non condivide le obiezioni sollevate dal Comune con riferimento alla presunta contraddizione riscontrabile tra lo scopo associativo del contrasto del fenomeno delle ludopatie e le misure impugnate, dichiaratamente ispirate alla medesima finalità. Appare infatti logicamente motivata (senza voler esprimere giudizi di fondatezza) la tesi dell’associazione che si oppone all’adozione di misure restrittive del gioco d’azzardo lecito in quanto ritenute incentivanti il fenomeno del gioco illecito e delle patologie al medesimo collegate. 24. Ciò premesso, considerato che l’intervento in concreto esperito ha carattere meramente adesivo (limitandosi l’associazione intervenuta a riprodurre le domande e conclusioni della ricorrente), e rilevato, altresì, che l’atto di intervento è stato tempestivamente depositato ai sensi dell’art. 50, comma 3, si conclude nel senso della ricevibilità ed ammissibilità del medesimo. 25. Passando ora allo scrutinio dei motivi di gravame, va dichiarata, anzitutto, l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse dell’impugnativa delle deliberazioni della Giunta Provinciale n. 341 del 12.3.2012 e n. 1570 del 29.10.2012, oggetto del quinto motivo di ricorso. Le citate deliberazioni provinciali sono state, infatti, già annullate da questo Tribunale con le sentenze nn. 301/2016 e 302/2016, pronunciate in fattispecie del tutto analoghe alla presente. 26. Invero, secondo un consolidato e condiviso orientamento giurisprudenziale, la pronuncia caducatoria di un provvedimento - che per i limiti soggettivi del giudicato esplica, in via ordinaria, effetti soltanto fra le parti in causa - acquista efficacia /erga omnes/ nei casi, come quello in esame, in cui gli atti impugnati siano a contenuto generale, ovvero a contenuto normativo. Gli effetti dell'annullamento non sono, pertanto, circoscrivibili ai soli ricorrenti, essendosi in presenza di un atto sostanzialmente e strutturalmente unitario, il quale non può esplicare effetti per taluni soggetti e non esistere per altri (cfr., ex pluribus, Consiglio di Stato, Sez. IV, 18 novembre 2013, n. 5459; nello stesso senso, Sez. III, 22 luglio 2016, n. 3307, Sez. IV, 13 marzo 2014, n. 1222 e Sez. III, 20 aprile 2012, n. 2350). 27. Deve quindi ritenersi superata la questione dell’illegittimità delle delibere n. 341 del 12.3.2012 e n. 1570 del 29.10.2012 pur dovendosi ritenere parzialmente invalido per effetto dell’annullamento delle stesse, il provvedimento gravato nella parte in cui si riferisce ai siti sensibili riconducibili alle medesime delibere. 28. Detta parziale invalidità non comporta, tuttavia, l’illegittimità del provvedimento medesimo che rimane validamente motivato con riguardo alla violazione del limite distanziale riferito ai luoghi sensibili di derivazione legislativa. 29. Permane, quindi, anche l’interesse del ricorrente alla caducazione del provvedimento di decadenza e, conseguentemente, la necessità di valutare l’ammissibilità e fondatezza dei motivi posti a fondamento dell’impugnativa del medesimo. 30 In proposito si rileva, anzitutto, che la pronuncia di decadenza della licenza in esame è motivata principalmente con la sua scadenza temporale, intervenuta /ope legis/. L’art. 5 /bis/, comma 1, della legge provinciale 13 maggio 1992, n. 13 (aggiunto dall’art. 1 della legge provinciale 22 novembre 2010, n. 13) prevede, infatti, che “/l’autorizzazione viene concessa per 5 anni e ne può essere chiesto il rinnovo dopo la scadenza”. In via transitoria, il legislatore prevede che “per le autorizzazioni esistenti” alla data di entrata in vigore della legge (15 dicembre 2010) “il termine di 5 anni decorre dal 1° gennaio 2011/”. 31. Nel caso che ne occupa la licenza è stata rilasciata il 18.09.2010, anteriormente all’entrata in vigore della citata legge provinciale n. 13 del 2010, di talché essa scadeva il 31.12.2015, per effetto automatico della citata disposizione. 32. L’interesse della ricorrente all’annullamento del provvedimento di decadenza sussiste ed è attuale, poiché l’Assessore provinciale competente, anziché limitarsi a prendere atto dell’effetto di decadenza prodotto /ope legis/, si è spinto oltre, affermando che “/come comunicato dal Comune di Bolzano con lettera dd. 15.12.2015, i locali nei quali ha sede la sala giochi sono ubicati in un raggio di 300 metri da luoghi sensibili/”, tra cui siti direttamente individuati dalla legge (istituti scolastici, centri giovanili, strutture sanitarie e socio-assistenziali) e siti individuati dalle deliberazioni n. 341 del 12.3.2012 e n. 1570 del 29.10.2012 (impianti sportivi, biblioteche), esprimendo quindi chiaramente la volontà di non rinnovare più l’autorizzazione dopo la sua scadenza. 33. Nella comunicazione di data 15.12.2015, inviata dal Comune di Bolzano ai competenti uffici provinciali (doc. 9 della Provincia), si individuano, con riferimento al sito di viale Europa, n. 60, ben 25 siti sensibili, di cui solo 7 riferiti ad impianti sportivi e, quindi, imputabili alle citate delibere provinciali. I restanti 18 luoghi sensibili, riconducibili alle tipologie di siti individuate dal legislatore, sono, quindi, tuttora di ostacolo al rinnovo dell’autorizzazione, essendo la presenza di ciascuno di detti siti– anche singolarmente considerato – incompatibile con la permanenza della sala giochi nella sede attuale. 34. Ciò chiarito, può procedersi all’esame congiunto delle prospettate questioni d’incostituzionalità dell’art. 5 /bis /della L.P. n. 13/1993, come articolate nei primi quattro motivi di ricorso. 35. La società ricorrente denuncia l’illegittimità dell’impugnato provvedimento di decadenza in via di derivazione dall’illegittimità costituzionale delle norme presupposte, nella parte in cui le stesse avrebbero concorso nella determinazione del c.d. “effetto espulsivo”. La locuzione definisce l’esito che la ricorrente collega all’ampiezza del raggio di interdizione (300 metri) e/o alla numerosità dei luoghi sensibili individuati dalla normativa provinciale. Secondo tale prospettazione, la capillare distribuzione e diffusone dei siti sensibili non consentirebbe di individuare alcuna via o area in Bolzano in cui possa essere esercitata l’attività del gioco lecito. 35. A supporto della tesi suddetta la società NIHAO s.r.l. ha depositato in giudizio due perizie redatte dallo studio associato di architettura Menato & Meneghetti di Padova, aventi ad oggetto la “/verifica dell’insediabilità nel territorio comunale di Bolzano del gioco legale/”. Da tali perizie si evincerebbe che la normativa provinciale anziché “regolamentare” un regime di interdizione identificando alcune zone proibite, di fatto avrebbe impedito l’erogazione del gioco legale sull’intero territorio del Comune di Bolzano. 36. Secondo i citati elaborati tecnici, la percentuale di territorio comunale interdetto sarebbe pari al 99,67, con la conseguenza che tutte le sale giochi attualmente esistenti, ricadendo in zone interdette, dovrebbero essere chiuse, non potendo spostarsi in altre vie o aree della città. 37. Al riguardo si rileva che la percentuale di interdizione sopra specificata appare riferibile – come reso evidente dalle tavole prodotte (doc. 6 della ricorrente) - alla zona centrale del territorio urbano di Bolzano, non tenendo essa conto delle aree periferiche nè di quelle adibite a zone produttive. Appare quindi eccessivo il riferimento ad un effetto espulsivo del gioco lecito, potendosi tutt’al più riscontrare un intento del legislatore di “marginalizzazione” dello stesso ed in relazione al quale va operata la verifica di legittimità sollecitata da parte ricorrente. 38. Detta verifica appare incentrata essenzialmente sul difetto di istruttoria da cui parte ricorrente assume viziate le determinazioni amministrative integrative dell’art. 5 /bis /della L.P. n. 13/1992, in quanto impositive del divieto assoluto del gioco legale su sostanzialmente l’intero territorio comunale. 39. Alla censura suddetta è stato dato riscontro parzialmente favorevole da questo Tribunale nelle citate sentenze nn. 301 e 302 del 2016, in sede di verifica di legittimità delle medesime delibere provinciali citate. La doglianza non appare, peraltro, estensibile in maniera speculare alla presente controversia, per la parte in cui è volta a sindacare la dedotta, manifesta illegittimità costituzionale della norma provinciale “presupposto”. 40. A tale riguardo è importante chiarire sin d’ora – anche in relazione alle considerazioni svolte nella memoria di replica di parte ricorrente - che il sindacato sul potere discrezionale esercitato sugli atti amministrativi della Provincia non è riferibile alla discrezionalità esplicata dal legislatore provinciale nel determinare la cornice normativa della materia. In altri termini, l’aver rilevato un vizio funzionale nell’esercizio del potere amministrativo dovuto alla mancata considerazione del rilevato “effetto espulsivo” delle citate delibere, non consente di ritenere automaticamente viziato l’operato del legislatore, per non avere esso, in tesi, tenuto nella dovuta considerazione i medesimi effetti “espulsivi” attribuiti anche alle limitazioni introdotte per via normativa. 41. E’ fin troppo scontata l’obiezione opponibile alla tesi suddetta che fa leva sulla diversità del grado della fonte giuridica come pure sulla disomogeneità dei parametri di valutazione delle modalità esplicative dei rispettivi poteri. 42. La limitazione della diffusione territoriale del gioco lecito in ragione della maggiore o minore vicinanza a luoghi frequentati da categorie di soggetti meritevoli di tutela costituisce una scelta legislativa discrezionale, per nulla irragionevole e rispondente alla finalità di salvaguardia dei luoghi e soggetti suddetti, in funzione del contemperamento degli opposti interessi in gioco. 42. Appare rispondente ai canoni di ragionevolezza, coerenza e proporzionalità la individuazione, in via generale ed astratta, di un catalogo “minimo” di siti rilevanti, come pure la devoluzione al livello esecutivo del compito di valutare la necessità ed opportunità di un’eventuale integrazione dell’elenco dei luoghi suddetti, da attuarsi mediante provvedimenti amministrativi che, in quanto tali, soggiacciono ai canoni di legittimità e di corretto esercizio del potere propri della funzione amministrativa. 43. I precedenti costituiti dalle sentenze nn. 301 e 302 non ammettono, quindi, frettolose trasposizioni né automatismi equiparativi applicati alla verifica di legittimità costituzionale delle “norme presupposto” dei provvedimenti ammnistrativi caducati. Per tale ragione, il Collegio ritiene impregiudicato lo scrutinio delle singole censure di illegittimità sollevate da parte ricorrente, cui in appresso si procede. 44. Al riguardo mette conto di richiamare i precedenti della Corte Costituzionale, del Consiglio di Stato e di questo Tribunale che forniscono chiara evidenza dell’infondatezza manifesta delle eccezioni d’incostituzionalità sollevate anche nel presente giudizio. 45. La Corte Costituzionale, con riferimento all’art. 11, comma 1 bis, della L.P. n. 58/1988, introdotto dall’art. 2, comma 2, della L.P. 22.11.2012, n. 13, ha accertato con sentenza n. 300/2011 che le misure volte alla prevenzione ed al contrasto di forme di dipendenza dal gioco d’azzardo lecito (c.d. ludopatia o GAP - gioco d’azzardo patologico), come quella in questione, consistente nella imposizione di una distanza minima di 300 m delle sale giochi e scommesse dai luoghi c.d. sensibili, vale a dire nei quali si presume la presenza di soggetti appartenenti alle categorie più vulnerabili o comunque in condizioni contingenti di difese ridotte rispetto alla tentazione del gioco d’azzardo ed all’illusione di poter conseguire attraverso di esso facili guadagni, rientrino principalmente nella materia della tutela della salute. Si è così potuta escludere la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione, ossia della potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordine pubblico e sicurezza. 45. In particolare la Corte Costituzionale ha avuto modo di precisare nella citata sentenza che - tali disposizioni “/sono dichiaratamente finalizzate a tutelare soggetti ritenuti maggiormente vulnerabili, o per la giovane età o perché bisognosi di cure di tipo sanitario o socio assistenziale, e a prevenire forme di gioco cosiddetto compulsivo, nonché ad evitare effetti pregiudizievoli per il contesto urbano, la viabilità e la quiete pubblica”, mentre la materia ordine pubblico e sicurezza, secondo la consolidata giurisprudenza della stessa Corte, “attiene alla ‘prevenzione dei reati ed al mantenimento dell’ordine pubblico, inteso questo quale ‘complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge la civile convivenza nella comunità nazionale’”;/// - che/“la semplice circostanza che la disciplina normativa attenga a un bene giuridico fondamentale non vale, dunque, di per sé, a escludere la potestà legislativa regionale o provinciale, radicando quella statale/”; - che si debba quindi concludere nel senso della legittimità delle suddette disposizioni provinciali, in quanto “/hanno riguardo a situazioni che non necessariamente implicano un concreto pericolo di commissione di fatti penalmente illeciti o di turbativa dell’ordine pubblico, inteso nei termini dianzi evidenziati, preoccupandosi, piuttosto, delle conseguenze sociali dell’offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché dell’impatto sul territorio dell’afflusso a detti giochi degli utenti” e che “non incidono direttamente sulla individuazione ed installazione dei giochi leciti, ma su fattori (quali la prossimità a determinati luoghi e la pubblicità) che potrebbero, da un canto, indurre al gioco un pubblico costituito da soggetti psicologicamente più vulnerabili od immaturi e, quindi, maggiormente esposti alla capacità suggestiva dell’illusione di conseguire, tramite il gioco, vincite e facili guadagni; dall’altro, influire sulla viabilità e sull’inquinamento acustico delle aree interessate/”. 46. In sostanza, la Corte Costituzionale ha ritenuto che le disposizioni /de quibus/ non rientrino nella competenza esclusiva dello Stato in materia di misure di prevenzione dei reati e mantenimento dell’ordine pubblico (art. 117, secondo comma, lett. h), lasciando intendere che esse rientrino nella materia sociale della tutela dei minori e in quella della tutela del territorio, materie nelle quali la Provincia autonoma di Bolzano esercita potestà legislativa esclusiva (cfr. art. 8, risp. numeri 25 e 5 dello Statuto di autonomia). Ciò evidentemente a prescindere dalla collocazione delle disposizioni stesse nella legge provinciale sugli esercizi pubblici. 47. Con la sentenza n. 323/2013 questo Tribunale ha poi accertato che le statuizioni della Corte Costituzionale sull’introduzione del divieto di installare apparecchi da gioco lecito nel raggio di 300 metri dai c.d. luoghi sensibili, non possono che valere anche per l’art. 1, comma 1, della L.P. n. 17 del 2012 che ha disposto l’obbligo di rimuovere gli apparecchi già installati negli esercizi pubblici che si trovino nel raggio di 300 metri da detti luoghi e, di conseguenza, ha dichiarato manifestamente infondata la relativa eccezione di incostituzionalità sulla considerazione che: “/È chiaro, infatti, che il fine della nuova norma è il medesimo che aveva indotto, in precedenza, lo stesso legislatore a vietare la messa a disposizione degli apparecchi da gioco in determinate parti limitate del territorio. In assenza di questo ulteriore e complementare intervento, la detta tutela non potrebbe, invero, essere pienamente realizzata/”. 48. Anche la questione di legittimità costituzionale della normativa provinciale per asserito contrasto con gli artt. 114, 117 e 118 della Costituzione è stata dichiarata manifestamente infondata con la citata sentenza n. 323/2013 di questo Tribunale: “/La Corte ha ritenuto che le disposizioni de quibus non rientrino nella competenza esclusiva dello Stato in materia di misure di prevenzione dei reati e mantenimento dell’ordine pubblico (art. 117, secondo comma, lett. h), lasciando intendere che esse rientrino nella materia sociale della tutela dei minori e in quella della tutela del territorio, materie nelle quali la Provincia autonoma di Bolzano esercita potestà legislativa esclusiva (cfr. art. 8, risp. numeri 25 e 5 dello Statuto di autonomia). Ciò evidentemente a prescindere dalla collocazione delle disposizioni stesse nella legge provinciale sugli esercizi pubblici. Peraltro, anche volendo considerare che le disposizioni provinciali in esame rientrino nelle materie nelle quali la Provincia esercita una potestà legislativa concorrente, come quella degli esercizi pubblici o quella della sanità (nella quale sono collocate le disposizioni del decreto “Balduzzi”), in base allo Statuto di autonomia, letto in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 (c.d. clausola di adeguamento automatico, anche detta clausola di maggiore favore), la Provincia non meriterebbe censure, in quanto ha rispettato il limite “dei principi fondamentali” stabiliti dalle leggi dello Stato (art. 117, terzo comma, ultimo periodo, della Costituzione). Il legislatore statale ha indicato, come si evince dalla piana lettura dell’art. 7, comma 10, del decreto “Balduzzi” (sopra riportato), che la necessità di opportunamente distanziare gli esercizi dove sono installati gli apparecchi da gioco da alcuni luoghi giudicati sensibili costituisce un principio fondamentale del decreto (peraltro i luoghi c.d. sensibili non sono elencati nel decreto in forma tassativa, come lascia credere il ricorrente, ma a titolo esemplificativo; l’individuazione dei luoghi, nel dettaglio, viene infatti demandata ad un decreto ministeriale, da adottarsi previa intesa sancita in sede di Conferenza unificata). In tal senso, il TRGA di Trento, nella sua sentenza n. 63 del 21 febbraio 2013, ha affermato essere “uno dei principi fondamentali del sopravvenuto decreto Balduzzi…l’esigenza - sia pure valutata con un diverso grado di urgenza - che tra i locali, ove sono installati gli apparecchi da gioco, e determinati luoghi di aggregazione e/o permanenza di fasce vulnerabili della popolazione “debba intercorrere una distanza minima, idonea ad arginare i richiami e le suggestioni consistenti nell’illusoria possibilità di facile ed immediato arricchimento” (nello stesso senso cfr. anche TRGA Trento 7 marzo 2013, n. 104). Quindi le norme provinciali in esame (e le deliberazioni provinciali e comunali sulla individuazione dei luoghi c.d. sensibili) hanno seguito i principi fondamentali contenuti nel decreto “Balduzzi” e li hanno codificati ancora prima della loro introduzione nella legislazione statale. Peraltro, con riferimento specifico alla disposizione provinciale che dispone la rimozione degli apparecchi da gioco, quando si trovino nel raggio di 300 metri dai luoghi c.d. sensibili, rileva il Collegio che anche il decreto “Balduzzi” contiene una disciplina di “ricollocazione” (valevole, quindi, anche per gli esercizi già esistenti) degli apparecchi da gioco rispetto a determinati luoghi c.d. sensibili. In ogni caso, va sottolineato che le disposizioni contenute nell’art. 7, comma 10, del decreto “Balduzzi”, non possono comunque essere applicate direttamente nel territorio provinciale, ostandovi l’art. 2 del D. Lgs. 16 marzo 1992, n. 266 (norma di attuazione sui rapporti tra legislazione statale e provinciale). E’ quindi manifestamente infondata anche la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni provinciali di cui si tratta, sollevata dal ricorrente con riferimento agli artt. 114, 117 e 118 Cost./”. 49. Con riferimento a quest’ultimo aspetto - e cioè alle censure relative alla asserita violazione delle norme del decreto Balduzzi ed alle norme costituzionali che imporrebbero prima dell’esercizio della legislazione provinciale un previo coordinamento fra normativa statale, regionale e provinciale - si rimanda a quanto espressamente statuito sul punto dal Consiglio di Stato con la decisione n. 578/2016: “/14.2. Dall’art. 7, comma 10, del d.l. 158/2012, si trae il principio della legittimità di misure di pianificazione delle ubicazioni consentite alle sale giochi e scommesse basate su distanze minime da rispettare (definite dalla citata giurisprudenza ‘prevenzione logistica’ delle ludopatie), non anche quello della necessità della previa definizione di dette pianificazioni o dei relativi criteri orientativi a livello nazionale. /// /Può convenirsi con la prevalente giurisprudenza che si è occupata della questione, nel senso che la disciplina statale e quella regionale siano reciprocamente coerenti rispetto all’obiettivo da perseguire, utilizzando strumenti analoghi con analoghe finalità di prevenzione (oltre alle sentenze succitate, cfr. anche TAR Lombardia, I, n. 1613/2015). /// /Non appare invece condivisibile la opposta interpretazione, sulla base della quale il TAR Lecce ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7 della l.r. Puglia 43/2013 (che prevede analoga distanza minima), per contrasto con gli artt. 117, terzo comma, e secondo comma, lettera h), Cost. (cfr. ord. I, n. 2959/2015). D’altra parte, la stessa disciplina statale, demandando all’Agenzia delle dogane e dei monopoli, sulla base di criteri da stabilire con decreto interministeriale, la pianificazione della ‘progressiva ricollocazione’ di esercizi legittimamente insediati dopo la sua entrata in vigore, sembra presupporre anche la legittimità di pianificazioni adottate prima della sua piena attuazione. /// /Che questo sia il significato implicito della disciplina statale lo conferma la legge delega in materia fiscale 23/2014, che comprende, all’art. 14, comma 1, la delega al ‘riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici, riordinando tutte le norme in vigore in un codice delle disposizioni sui giochi’, la quale, pur essendo orientata dai principi e criteri direttivi secondo i quali occorre ‘introdurre e garantire l'applicazione di regole trasparenti e uniformi nell'intero territorio nazionale in materia di titoli abilitativi all'esercizio dell'offerta di gioco, di autorizzazioni e di controlli, garantendo forme vincolanti di partecipazione dei comuni competenti per territorio al procedimento di autorizzazione e di pianificazione, che tenga conto di parametri di distanza da luoghi sensibili validi per l'intero territorio nazionale, della dislocazione locale di sale da gioco e di punti di vendita in cui si esercita come attività principale l'offerta di scommesse su eventi sportivi e non sportivi, nonché in materia di installazione degli apparecchi idonei per il gioco lecito di cui all'articolo 110, comma 6, lettere a) e b), del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, comunque con riserva allo Stato della definizione delle regole necessarie per esigenze di ordine e sicurezza pubblica’, prevede anche espressamente che debba assicurarsi ‘la salvaguardia delle discipline regolatorie nel frattempo emanate a livello locale che risultino coerenti con i principi delle norme di attuazione della presente lettera/’. /14.3. Anche la Corte Costituzionale, nel giudicare inammissibili (a causa della inadeguata valutazione della rilevanza nel giudizio a quo e di possibili soluzioni ermeneutiche alternative) le questioni di costituzionalità sollevate dal TAR Piemonte nei confronti degli artt. 42 e 50, del d.lgs. 267/2000, e dell’art. 31, comma 2, del d.l. 201/2011, convertito dalla legge 214/2011 (nella parte in cui tali disposizioni non prevedono la competenza dei Comuni ad adottare atti normativi e provvedimentali volti a limitare l'uso degli apparecchi da gioco di cui all’art. 110, comma 6, del TULPS), ha sottolineato che il giudice rimettente ‘omette di considerare che il potere di limitare la distribuzione sul territorio delle sale da gioco attraverso l'imposizione di distanze minime rispetto ai cosiddetti luoghi sensibili, potrebbe altresì essere ricondotto alla potestà degli enti locali in materia di pianificazione e governo del territorio, rispetto alla quale la Costituzione e la legge ordinaria conferiscono al Comune le relative funzioni’ (sent. n. 220/2014); richiamando, a supporto di tale tesi, l’orientamento di questo Consiglio secondo il quale l’esercizio del potere di pianificazione non può essere inteso solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, ma deve essere ricostruito come intervento degli enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo ed armonico del medesimo, che tenga conto sia delle potenzialità edificatorie dei suoli, sia di valori ambientali e paesaggistici, sia di esigenze di tutela della salute e quindi della vita salubre degli abitanti (cfr. Cons. Stato, IV, n. 2710/2012). /// /14.4. In conclusione sul punto, la circostanza che la fissazione di ‘parametri di distanza da luoghi sensibili validi per l'intero territorio nazionale”, non sia ancora avvenuta, non impedisce l’esercizio dei concorrenti poteri, rivolti alle medesime finalità, delle Regioni e degli Enti locali/”. 50. Si osserva, altresì, che l’art. 1, comma 936, L. 28.12.2015 (Legge di stabilità 2016) prevede espressamente che verranno fissati i criteri per la distribuzione e concentrazione territoriale degli esercizi pubblici destinati al gioco d’azzardo lecito in sede di Conferenza Unificata con le Regioni e le Provincie autonome. La disposizione è rivolta chiaramente al futuro e comprova ancora una volta che tali criteri non dovevano essere fissati in forza del decreto Balduzzi. 51. Infine, con riferimento all’asserita violazione dell’art. 41 della Costituzione, questo Tribunale nella sentenza citata n. 323/2013 ha precisato quanto segue: “/Osserva, anzitutto, il Collegio che sia il principio di iniziativa economica, sia il principio di tutela della concorrenza non sono assoluti. E’ noto che l’art. 41 della Costituzione, dopo aver sancito che ‘l’iniziativa economica privata è libera”, stabilisce che essa ‘non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità’. Deve pertanto ritenersi conforme all’art. 41 della Costituzione l’intervento del legislatore provinciale, il quale, allo scopo di prevenire la dipendenza da gioco delle categorie più a rischio, ha adottato misure che stabiliscono distanze minime dai luoghi c.d. sensibili. La circostanza che una determinata attività sia considerata lecita non comporta, di per sé, che essa possa essere svolta in qualsiasi luogo: limitazioni alla libera iniziativa economica sono sempre possibili, se poste a difesa di interessi di rango costituzionale; ciò è implicitamente affermato anche dal legislatore statale nel già citato decreto ‘Balduzzi’, intervenuto a tutela del diritto fondamentale individuale e l’interesse collettivo alla salute, sancito dall’art. 32 della Costituzione. Analoghe considerazioni vanno fatte con riferimento al dedotto contrasto con il principio di libera concorrenza degli operatori economici, sancito dall’art. 117, secondo comma, lett. e), della Costituzione e dal Trattato dell’Unione europea. Osserva il Collegio che il legislatore provinciale non è intervenuto sul mercato della produzione e commercializzazione degli apparecchi di cui all’art. 110, comma 6, del TULPS, ma per tutelare interessi ben diversi, come già esposto, senza alcuna finalità ‘protezionistica’ o distorsiva delle regole di mercato. In ogni caso, il c.d. regime di liberalizzazione introdotto dal legislatore statale non è assoluto, essendo consentite limitazioni quando l’attività economica rechi ‘danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e contrasto con l'utilità sociale’ (cfr. art. 3, comma 1, lett. c, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito nella legge 14 settembre 2011, n. 148 e art. 1, comma 2, del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito nella legge 24 marzo 2012, n. 27). Sulle quattro doglianze elencate dal ricorrente in modo specifico, il Collegio osserva che il legislatore provinciale, all’art. 11, comma 1ter, della legge provinciale n. 58 del 1988, dispone la rimozione degli apparecchi da gioco di cui all’art. 110, comma 6, del TULPS, che siano ‘già installati negli esercizi pubblici…’. Ebbene, nella recente sentenza della Sez. VI, 11 settembre 2013, n. 4498, il Consiglio di Stato, chiamato a pronunciarsi sulla natura di esercizio pubblico delle ‘sale dedicate’, ha affermato che ‘deve qualificarsi pubblico esercizio, ai sensi del T.U.L.P.S. e della disciplina provinciale dettata in materia, ogni luogo di esercizio di un’attività d’impresa, avente ad oggetto una prestazione d’opera o di servizio rivolta al pubblico, il quale vi possa accedere liberamente (mentre irrilevante è il divieto di accesso a determinate categorie di persone, quali i minori d’età, trattandosi di limitazione inerente alle modalità di esercizio dell’attività, non incidente sulla sua natura)’ e ha concluso che ‘quali esercizi pubblici, le ‘sale dedicate’ erano dunque assoggettate ai divieti di localizzazione posti dall’art. 11, comma 1bis della legge provinciale 14 dicembre 1988, n. 58…’. Alla luce della sopra citata definizione e dell’art. 86, quarto comma, del TULPS, sia gli esercizi commerciali abilitati all’installazione dei suddetti apparecchi da gioco, sia le c.d. “sale dedicate” o “sale VLT” vanno considerati a tutti gli effetti quali “esercizi pubblici” e, quindi, ricadono nella previsione di cui all’art. 11, comma 1ter della legge provinciale n. 58 del 1988. Il preteso sviamento di clientela verso siti limitrofi non è sorretto da alcuna prova (peraltro, va rilevato che anche il legislatore provinciale di Trento ha adottato misure che limitano l’installazione degli apparecchi da gioco lecito nei luoghi c.d. sensibili – cfr. art. 13bis della legge provinciale di Trento 14 luglio 2000, n. 9, introdotto dall’art. 47 della legge provinciale di Trento 27 dicembre 2011, n. 18). In ogni caso, per i motivi già esposti, si palesa legittima e del tutto giustificata una limitazione territoriale degli apparecchi da gioco, al fine di tutelare le categorie più sensibili della popolazione dal pericolo della dipendenza da gioco. Infine, appare irrilevante, ai fini del presente giudizio, la circostanza che gli operatori di gioco siano già abilitati allo svolgimento dell’attività da parte dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato, ben potendo i titolari delle abilitazioni svolgere la loro attività nelle parti del territorio comunale distanti dai luoghi c.d. sensibili. Quanto al contratto per il servizio di connessione degli apparecchi da gioco tuttora in essere, osserva il Collegio che esso, di fronte al sopravvenire di una norma imperativa, non può che risolversi di diritto, perdendo la sua efficacia./” 52. La stessa Corte Costituzionale, investita della verifica di legittimità in ordine alla disposizione di cui al sopra citato art. 3, comma 1, D.L. n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011 (“/Abrogazione delle indebite restrizioni all'accesso e all'esercizio delle professioni e delle attività economiche/”), nella sentenza 200 del 20.7.2012 ha statuito quanto segue: /“La disposizione impugnata afferma il principio generale della liberalizzazione delle attività economiche, richiedendo che eventuali restrizioni e limitazioni alla libera iniziativa economica debbano trovare puntuale giustificazione in interessi di rango costituzionale o negli ulteriori interessi che il legislatore statale ha elencato all'art. 3, comma 1. Complessivamente considerata, essa non rivela elementi di incoerenza con il quadro costituzionale, in quanto il principio della liberalizzazione prelude a una razionalizzazione della regolazione, che elimini, da un lato, gli ostacoli al libero esercizio dell'attività economica che si rivelino inutili o sproporzionati e, dall'altro, mantenga le normative necessarie a garantire che le dinamiche economiche non si svolgano in contrasto con l'utilità sociale/”. 53. Quanto al dedotto contrasto con l’art. 3 della Costituzione, osserva il Collegio che il legislatore provinciale ha introdotto del tutto legittimamente limitazioni spaziali per i motivi sopra esposti e ha applicati i medesimi ad ogni tipo di esercizio dedicato al gioco tramite apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, del R.D. n. 773 del 1931 (senza alcuna distinzione tra essi), intervenendo nelle materie rientranti nelle proprie competenze legislative, con il dichiarato scopo di tutelare soggetti ritenuti vulnerabili, in considerazione dell'età o perché bisognosi di cure di tipo sanitario o sociale, di prevenire forme di gioco c.d. compulsivo ed al fine di evitare effetti pregiudizievoli per il contesto urbano, per la viabilità e per la quiete pubblica. 54. Le esposte considerazioni e le statuizioni rese dai precedenti giurisprudenziali sopra richiamati evidenziano la manifesta infondatezza delle questioni di illegittimità costituzionale della normativa provinciale e l’infondatezza dei relativi motivi di impugnazione. 55. In conclusione, il ricorso in esame va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, con riferimento all’impugnativa delle deliberazioni nn. 341 e 1570 del 2012 della Giunta provinciale, mentre va rigettato per infondatezza per quanto concerne l’impugnativa della delibera assessorile n. 7.1/73.09/299861 dd. 23.05.2016. 56. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nel seguente dispositivo. Sussistono giusti motivi per compensare le spese tra le parti resistenti e l’associazione intervenuta /ad adiuvandum/. P.Q.M. Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa - Sezione autonoma di Bolzano definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, - dichiara improcedibile il ricorso, per sopravvenuta carenza di interesse, con riferimento alle deliberazioni impugnate nn. 341 e 1570 del 2012 della Giunta provinciale; - rigetta per il resto il ricorso; - condanna la società ricorrente a rifondere le spese di lite in favore delle amministrazioni resistenti che si liquidano in euro 1.500,00 (millecinquecento/00) a favore di ciascuna, oltre IVA, CPA e altri oneri di legge; - compensa le spese con l’associazione intervenuta, Centro Culturale “La Sentinella”; - nulla dispone in ordine alle spese delle parti non costituite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Bolzano nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2016 con l'intervento dei magistrati: Terenzio Del Gaudio, Presidente Margit Falk Ebner, Consigliere Edith Engl, Consigliere Sarre Pirrone, Consigliere, Estensore L'ESTENSORE IL PRESIDENTE Sarre Pirrone Terenzio Del Gaudio IL SEGRETARIO Sezioni del sito (piè di pagina) * Torna su <#sez_header> © 2014 - giustizia-amministrativa.it Guida al sito Mappa del sito Accessibilità Regole di accesso Informativa privacy Condizioni di utilizzo